Il film che ha ottenuto 5 candidature ai Goya arriva al cinema il 17 ottobre con ExitMedia
Con Yuli, la regista di Ti do i miei occhi, Icíar Bollaín, porta sullo schermo la biografia del ballerino cubano Carlos Acosta, costruendo, con l’ausilio del fido sceneggiatore di Ken Loach, Paul Laverty, un racconto di formazione classico, solido ed intenso.
“Il biopic è un genere molto comune e può essere spesso parecchio noioso. La sfida era renderlo il più possibile appassionante e la vita di Carlos ce lo ha permesso – racconta Paul Laverty a Roma per la presentazione del film – Stavolta mi sono dedicato a un personaggio molto diverso da me ed è proprio questo che mi ha più affascinato. Ammiro molto la bellezza con cui i ballerini creano i movimenti, ha qualcosa di trascendentale, che ho voluto fosse riproposto sullo schermo. Ciò nonostante, anche Yuli, come i personaggi che di solito scrivo, appartiene alla gente del popolo, a coloro che si trovano a subire il modello capitalistico, un po’ come in Furore di Steinbeck. Con Icíar Bollaín ci siamo conosciuti sul set di “Terra e libertà” di Ken Loach. Fare film per me non è solo una professione ma un modo per stringere rapporti personali. Nel modo di lavorare di Loach e Icíar ritrovo la stessa professionalità, la stessa modestia, la stessa sensibilità“.
La storia del primo principal di colore del Royal Ballet inizia nei vicoli poveri de L’Havana: il piccolo Carlos (Edison Manuel Olbera) ha un carattere ribelle e indisciplinato, ma è dotato di uno straordinario talento per la danza che non sfugge agli occhi di suo padre Pedro (Santiago Alfonso).
È lui, infatti, che lo costringe a frequentare la rinomata Escuela Nacional Cubana de Ballet, salvandolo così da un destino fatto di miseria e sofferenza, conseguenza dell’embargo americano all’indomani della rivoluzione castrista.
“Il film è un vero e proprio omaggio al padre di Acosta – racconta a Roma l’attore Santiago Alfonso – E’ curioso che sia stato proprio lui a volere a tutti i costi che il figlio facesse il ballerino, da sempre considerata “una cosa da donne”. All’inizio non credevo mi potesse essere proposto un ruolo così intenso e impegnativo, la sceneggiatura era imponente e dovevo sostenere scene molto delicate. Mi sono subito innamorato di quest’uomo ruvido, severo, che ha vissuto sulla propria pelle patimenti e umiliazioni, ma ha mantenuto intatto il suo grande cuore”.
Santiago Alfonso in una scena del film
La Bollaín segue il suo protagonista dall’infanzia all’età adulta, scandendo le tappe fondamentali del suo percorso artistico e di vita e dipingendo le persone che più vi hanno influito.
In particolar modo, però, si concentra sulla incessante battaglia interiore di Yuli, facendo luce sui molteplici conflitti che lo attanagliano: quello tra padre e figlio, tra presente e futuro, tra libertà e costrizione, tra famiglia e talento, tra vicinanza ed oblio.
Delinea così il ritratto di un artista guerriero – non a caso Yuli è il dio della guerra e del fuoco nei culti afroamericani – che brucia le tappe della sua giovinezza in nome del talento e rifiutando ogni forma di discriminazione ed oppressione.
Lo stesso Carlos Acosta è presente nel film nel ruolo di se stesso da adulto e veste il ruolo di una sorta di narratore interno, le cui esibizioni e coreografie fanno da commento alle scene di finzione.
“Il mondo della danza è affascinante, complesso, pieno di contraddizioni – prosegue Laverty – abbiamo cercato il giusto approccio nei dettagli e soprattutto nelle sequenze di danza, che non sono messe lì a caso, ma hanno un fondamentale valore narrativo. Attraverso le coreografie, infatti, seguiamo l’evoluzione del protagonista, ma anche la storia del popolo cubano. Per questo, è stato indispensabile l’apporto di grandi professionisti come il direttore della fotografia Alex Catalán e il musicista Alberto Iglesias”.
Yuli è stato presentato in anteprima al Festival del Cinema Spagnolo e si è aggiudicato il premio per la Miglior sceneggiatura al Festival di San Sebastián e ben 5 candidature (sceneggiatura, attore rivelazione a Carlos Acosta, colonna sonora, fotografia e sonoro) ai Premi Goya.
Alberto Leali