Arriva finalmente il tanto atteso ‘Wonder Woman’ del DCEU e, lo scriviamo subito, il film ci ha convinto, nonostante qualche inevitabile scetticismo iniziale
Wonder Woman inizia nella Parigi dei giorni nostri, in cui la protagonista Diana, che lavora al museo del Louvre, riceve dalle Wayne Industries una valigia con l’originale di una vecchia foto che le riporta alla mente l’infanzia idilliaca nell’isola di Themyscira e il suo successivo e decisivo viaggio nel mondo degli uomini.
Il film prosegue, quindi, come un lungo flashback, che ha inizio nell’isola dalle Amazzoni da cui Diana proviene, in cui, attingendo direttamente alla mitologia greca, la regista Patty Jenkins (‘Monster’) crea un mondo magico, dai colori accesi e dai paesaggi mozzafiato a picco sul mare cristallino.
Un inizio di indubbio fascino, che ci immerge in un microcosmo interamente femminile sospeso e ovattato, in cui regna la pace ma ci si addestra severamente alla guerra: un paradiso terrestre che ha il sapore del divino, ma che vive inquieto nel ricordo e nel timore di un conflitto. Ed è proprio in riva al mare, subito dopo il ritrovamento di Steve Trevor, che assistiamo a una prima bellissima scena di battaglia tra Amazzoni e tedeschi che incanta per estetica e senso dell’action.
Non bastano l’apprensione e i divieti della protettiva madre Ippolita (Connie Nielsen) a fermare la volitiva Diana (Gal Gadot) dal proposito di lasciare l’isola per combattere l’ignoto e temibile dio della guerra Ares, seguendo l’uomo che dal cielo è venuto a turbare l’equilibrio faticosamente raggiunto dalle Amazzoni.
Dai colori verdeggianti di Themyscira si passa, dunque, alla Londra buia, sporca e fumosa del 1918, in cui Diana inizierà a comprendere che il mondo degli uomini gira ben diversamente da quello da cui proviene lei. Un mondo dominato dalla guerra, che, diversamente da quanto scritto dal creatore William Moulton Marston, è il primo conflitto mondiale anziché il secondo. Una licenza dovuta al fatto che gli scenari aperti, la più immediata necessità di un corpo a corpo e la minore tecnologia bellica favoriscono la protagonista Gal Gadot nella sua efficacissima performance.
Va riconosciuta, dunque, alla sceneggiatura di Allan Heinberg la maturità di narrare una storia di base fantastica in un contesto storico ben definito, con scene di battaglia e di dolore da vero e proprio war movie. Ma il film di Patty Jenkins non sarebbe lo stesso senza la presenza scenica della modella israeliana Gal Gadot, assolutamente perfetta e credibile nei panni di Wonder Woman e nel rendere quella miscela di bellezza, incosciente sensualità, coraggio, forza e candore che contraddistinguono il personaggio e che non fanno sentire la mancanza della seppur magnetica Lynda Carter.
La Jenkins sceglie di non cedere a una costruzione sopra le righe della sua protagonista, che pur essendo perennemente in scena, non sovrasta mai in prodezze e poteri i suoi partner, ma costituisce con essi una riuscita amalgama. A tal riguardo, buona è anche la prova d’attore del belloccio Chris Pine, i cui duetti con la Galdot, specie quelli che evidenziano con arguta ironia i rapporti uomo/donna, risultano molto gustosi.
Non c’è mai, inoltre, un solo momento in cui la bellezza o la femminilità di Diana vengano utilizzate come strumento per portare avanti la trama. Sono anzi il suo coraggio e la sua convinzione la forza trainante del racconto, come anche la sua purezza d’animo, spesso smarrita, che si contrappone alla brutalità e alla ferocia di un mondo di uomini che si uccidono senza nemmeno conoscere il loro nemico.
Qualche difetto, però, ‘Wonder Woman’ ce l’ha ed è riscontrabile in un ritmo un po’ altalenante che dopo una prima parte che stupisce e coinvolge, cala in una seconda più convenzionale e meno appassionante, nonostante il divampare di qualche bella e concitata sequenza. Ma ciò che più disturba è il deludente finale, non aiutato da una poco esaltante CGI, che vede lo scontro tra la nostra eroina e il suo grande nemico, un non proprio convincente David Thewlis, che si trasforma in un pupazzone digitale che si dimena fra picchi infuocati, esplosioni e scariche elettriche. Abbastanza anonimi anche i due villain di Danny Huston, nei panni del Generale Ludendorff dell’esercito tedesco, e della spagnola Elena Anaya che interpreta il Dr. Poison.
Sono, però, difetti perdonabili di un film non facile e da cui ci si aspettava tanto, che possiamo definire assolutamente riuscito: una bella miscela di action, commedia, film in costume, bellico e mitologico. E un’opera che si distacca, specie nella sorprendente parte iniziale, dalla cupezza e dalla tragicità dei precedenti lavori del DCEU.
Roberto Puntato