Carlo Verdone presenta a Palazzo Altieri il libro fotografico di Claudio Porcarelli, Uno dieci cento Verdone, che celebra i suoi 40 anni di carriera e i suoi indimenticabili personaggi
Nella splendida Sala del Trono di Palazzo Altieri, un tempo dimora dell’attrice Anna Magnani e oggi sede della Banco BPM, si è svolta la presentazione del libro fotografico di Claudio Porcarelli, Uno Dieci Cento Verdone, realizzato in collaborazione con Banco BPM.
Il progetto è un vero e proprio atto d’amore verso il grande regista e attore italiano, che ha di recente festeggiato i 40 anni di carriera e la nomina a Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana. Un autore che come i grandi del nostro cinema ha segnato la cultura popolare e stimolato il nostro immaginario attraverso i suoi indimenticabili personaggi.
Le prime 300 copie del libro saranno distribuite in omaggio, ma in progetto c’è anche l’uscita del volume nelle librerie: da fan, oltre che da trentennale collaboratore dell’autore, Porcarelli assembla cento fotografie (immagini, foto di backstage, ritratti inediti e dai set) che celebrano il genio camaleontico di Verdone, capace, come pochi altri, di rappresentare al meglio pregi e difetti degli italiani.
“La mia forza è stata essere una persona sensibile – afferma Carlo Verdone – ma devo dire grazie alla mia famiglia che mi ha sempre stimolato a osservare l’umanità del nostro quartiere, tra Campo de’ Fiori e Trastevere, con curiosità e ironia. Quando poi mio padre mi ha regalato le tessere del cineclub ho scoperto la vera grandezza del cinema italiano, ovvero riportare la realtà attraverso la bravura dei suoi caratteristi. Sono loro che hanno fatto spesso la fortuna delle pellicole, più degli attori protagonisti: basti pensare ai film del primo Fellini, di Germi o di Risi. E’ un vero peccato che nell’attuale cinema italiano i caratteristi non esistano più, io ho avuto forse la fortuna di essere l’ultimo a utilizzarli. Non c’è più quel contorno che costituiva la linfa della nostra commedia, che adesso ha solo protagonisti e co-protagonisti. Ecco perché oggi fare commedia è diventato molto più difficile; anche la società è cambiata e, se pensiamo ad esempio alla città di Roma, molti dei suoi quartieri hanno perso quella romanità che la rendeva viva e pulsante. Ci si è omologati e penso che sia proprio questo uno dei più grandi drammi di oggi; per un regista/osservatore della realtà diventa molto più complesso costruire dei personaggi efficaci“.
“Io sono sempre andato a istinto: provare per me significa morire, la mia forza è la naturalezza!” – prosegue Verdone -. Penso di aver raccontato bene una certa megalomania degli italiani, che nascondeva in realtà una grande fragilità, quella del periodo in cui iniziava ad affermarsi il femminismo e che ha trasformato la donna da oggetto del desiderio in creatura misteriosa e imprevedibile. Io ho rappresentato proprio il timore e la confusione dell’uomo nei confronti di un essere che aveva assunto un aspetto profondamente diverso, confondendolo“.
Verdone non perde nemmeno occasione per esporre le sue idee sul fenomeno Netflix. “Non si può fermare l’evoluzione delle cose, Netflix ha fatto cose egregie e importanti, anche se la perdita della sala cinematografica, per chi come me vede come sacrale quel tipo di condivisione, è un grande dolore – afferma l’autore -. Dietro una serie tv c’è una catena di montaggio, ma se vuoi scoprire l’anima di un autore bisogna andare in sala! E’ vero però che il cinema italiano deve fare molto di più, perché è attraverso tanti film brutti che abbiamo fatto perdere curiosità e fiducia ai giovani, oggi sicuramente i più critici verso il nostro cinema. E poi non amo chi indugia troppo sul male e sulla cattiveria, dando cattivi esempi a chi vede il cinema come l’unica finestra sul mondo, penso ad esempio a prodotti di successo come Gomorra o Suburra“.
Carlo Verdone svela anche qualche indizio in merito ai suoi futuri progetti: “Guaglianone, io e Menotti abbiamo scritto la puntata pilota di una serie tv che non so ancora se andrà su Netflix o su Sky e poi ho in cantiere un film corale, in cui io sarò regista e uno dei tanti protagonisti“.
Alberto Leali