Una vita violenta è un film realista, asciutto, crepuscolare, che racconta la lotta armata del nazionalismo corso contro il governo francese nel suo periodo più confuso e meno glorioso.
Parliamo della fine degli anni ’90, quando fu istituita l’Armata Corsa, un gruppo armato nazionalista dissidente che ha fatto emergere il legame tra il movimento nazionalista e il crimine organizzato.
Il regista e sceneggiatore Thierry de Peretti ricorre ad un gruppo di bravissimi attori locali e ad uno stile di regia ad altezza d’uomo, per esplorare, così, il confine che separa il nazionalismo dalla delinquenza e raccontare un pezzo di storia del suo Paese attraverso il percorso individuale del suo protagonista.
Nonostante le minacce di morte, Stéphane (Jean Michelangeli), nazionalista dissidente corso in esilio, decide di tornare a Bastia per partecipare al funerale del suo amico e compagno d’armi Christophe, ucciso il giorno prima. Giunto nella sua terra natia, ripercorrerà gli eventi che lo hanno condotto dalla piccola criminalità alla radicalizzazione.
De Peretti procede a ritroso, facendo ricordare a Stéphane gli eventi vissuti e guidando lo spettatore a mettere insieme i pezzi del puzzle.
Ed è proprio la descrizione del protagonista uno dei principali punti di forza del film: il regista è bravo a renderne la trasformazione da piccolo borghese cresciuto a Bastia a piccolo criminale sedotto dai discorsi indipendentisti di alcuni compagni di galera, per poi divenire dissidente politico radicale e agitatore metropolitano costretto all’esilio.
Privo, come la maggior parte della sua generazione, di una visione chiara delle minacce che caratterizzano le relazioni tra indipendentisti, Stato e criminalità, Stéphane e il suo gruppo si ritrovano ad essere pedine di un gioco più grande di loro, in preda a forze occulte e mafiose intenzionate a metter mano all’economia dell’isola e a sbarazzarsi di chi possa intralciarne i piani.
Come molti dei corsi della generazione del regista, Stéphane e i suoi amici diventano, così, testimoni e protagonisti di omicidi, vendette, attentati, famiglie distrutte: il film vuole, quindi, ricordare tutti quei giovani che si sono persi o sono stati uccisi, figli di una generazione dimenticata che ha creduto nella rivolta ma che ha visto fallire i propri sogni, lasciando una ferita aperta nella memoria collettiva.
Proiettato alla Semaine de la Critique nell’ambito del 70° Festival di Cannes, Una vita violenta arriva fortunatamente nelle sale italiane dal 23 maggio grazie alla sempre preziosa Kitchen Film.
Alberto Leali