Al cinema dal 14 aprile distribuito da Academy Two
Amina è un’artigiana che lavora duro e che vive nella periferia di N’Djamena assieme a sua figlia adolescente Maria. Un giorno, la donna scopre che la figlia è incinta: una gravidanza non voluta, a cui le due decidono di porre fine, nonostante in Ciad sia la religione che la legge siano fermamente contrarie all’aborto.
E’ il bellissimo ritratto di una madre coraggio e di sua figlia il nuovo film di Mahamat-Saleh Haroun, che con stile limpido e sobrio scava nelle contraddizioni di un Paese e di una comunità.
Una madre, una figlia è un’opera sulla forza delle donne, di due generazioni a confronto chiamate a collaborare per non soccombere sotto il peso di un apparato sociale che non consente loro una totale indipendenza.
Il film di Mahamat-Saleh Haroun tocca temi forti come l’aborto, l’abuso sessuale, l’escissione, i condizionamenti sociali e culturali, la condizione di sudditanza e ingiustizia subita dalle donne. Lo fa senza ricorso a scorciatoie, ma affrontandoli di petto, con un linguaggio placido ma penetrante.
Il punto di forza di Una madre, una figlia è la delicata descrizione del rapporto che lega le due protagoniste e del loro percorso evolutivo nel corso della vicenda. Amina, in particolare, è quella che subirà i cambiamenti maggiori, staccandosi da una cultura che ha assimilato in profondità e trovando, dentro di sé e attraverso l’amore per sua figlia, il coraggio di proseguire sulla via giusta. Quella che permetterà alla sua Maria un futuro migliore.
La vicenda segue, così, le sofferte tappe delle due donne per raggiungere il loro scopo e le numerose difficoltà che incontreranno confrontandosi col contesto rigido e stantio in cui vivono.
Mahamat-Saleh Haroun realizza un film amaro e toccante, che brilla per essenzialità e linearità. Il suo è un cinema semplice, che non ha bisogno di particolari artifici, perché rintraccia la verità nella quotidianità e nella descrizione puntuale di un contesto e delle sue dinamiche.
Paola Canali