Ecco i vincitori della XVI edizione del RIFF – Rome Independent Film Festival che si è svolta alla Casa del Cinema di Roma dal 28 novembre al 3 dicembre 2017 con oltre 100 film in anteprima Italiana. La Kermesse capitolina proseguirà poi con un Focus sull’India dall’8 al 10 dicembre alla Casa del Cinema in collaborazione con l’India Film Festival.
Per la sezione Lungometraggi vince il film argentino A Winter to Remember di Cecilia Valenzuela Gioia perché la regista ha diretto una bellissima opera che ha un potente immaginario, una forte recitazione, dialoghi e personaggi che ci portano nel mondo di una giovane donna (interpretata dalla stessa autrice) che lotta per comprendere se stessa. Il film ci conduce all’interno di una vita e la grande rivelazione è stata il modo attraverso cui il personaggio trova la sua dimensione nel mondo. Questo è ciò che ci ha colpito in modo profondo.
Nel film Lucia, una ragazza di 21 anni, soffre di attacchi di panico. Durante un inverno trascorso a Salta, la sua città natale, incontra Olivia che l’aiuterà a liberarsi dai traumi del passato e a scoprire se stessa. Esordio alla regia della venticinquenne Cecilia Valenzuela Gioia, che interpreta anche il ruolo della protagonista, il film ritrae con chiarezza e sensibilità il dolore che deriva dal vivere nella paura e la gioia che proviene dall’accettazione di sé. Il film è stato presentato al RIFF nell’ambito del focus LGBTQ ovvero dei film legati all’identità di genere.
Per la Giuria questo è un eccellente esempio di un film veramente indipendente, in cui una giovane regista ha usato il suo talento, a fronte di risorse limitate, per esprimere una vera comprensione della vita. Il film ci racconta una storia commovente che è visivamente e narrativamente notevole, in cui un personaggio attraversa un processo di scoperta che vogliamo vedere spiegato e di cui alla fine siamo profondamente soddisfatti.
Per la sezione lungometraggi i giurati hanno, inoltre, assegnato una Menzione d’onore, per una narrativa avvincente che tocca la nostra comune umanità a I Am Truly a Drop of Sun on Earth di Elene Naveriani (Svezia/Georgia) perché è una storia cruda, implacabilmente triste ma avvincente, sulla vita ai margini e la capacità degli esseri umani di trovare amore e significato anche nell’oscurità. Una storia triste e preziosa. Si tratta di un film sorprendente di emozioni crude, amore interrazziale e lotta per la sopravvivenza, in quello che è in definitiva un avvincente ritratto di una triste ma affascinante dimensione della vita nella moderna Georgia, dove individui emarginati cercano il calore e la solidarietà umana di fronte a umiliazione e stigmatizzazione. Un film indipendente, intimo ma potente, degno della nostra attenzione.
I Am Truly a Drop of Sun on Earth di è il film d’esordio di Elene Naveriani. Al centro della storia April che lavora come prostituta in un night club fatiscente di Tbilisi, in Georgia, in un mondo in cui a dominare sono gli uomini e le donne sono trattate al pari di oggetti. In tale contesto di disperazione, all’ombra di un albergo di lusso, April incontra Dije, un giovane immigrato nigeriano (una sorta di outsider tra gli outsider) che ha inseguendo il sogno di raggiungere la Georgia degli Stati Uniti si è ritrovato lì. Entrambi alienati dalla società, i due finiscono per innamorarsi.
Per la sezione documentari italiani vince Beo di di Stefano Viali e Francesca Pirani per aver portato sullo schermo un pezzo di Storia con un racconto lineare e di grande intensità, mostrando il lato straordinario della semplicità attraverso il fascino di un protagonista dalla vitalità contagiosa. A far da cornice, musiche e fotografia in grado di emozionare.
Il documentario ha per protagonista Beo, classe 1920. Le colline del Montefeltro sono lo sfondo su cui episodi del passato – i campi, la mezzadria, la guerra, la Resistenza, la militanza politica, l’emigrazione e di vita quotidiana, l’orto, le api, le riflessioni sul mondo e sugli uomini si intrecciano tra storia personale e la Storia con la S maiuscola. Racconto per parole e immagini di umanità, dignità e resistenza. Una prospettiva inedita per ripercorrere il ‘900 attraverso uno straordinario testimone.
Una menzione speciale è andata al documentario Fuoricampo del collettivo Melkanaa perchè è un’opera che fa dell’“integrazione” il suo punto di forza sia nella regia che nel messaggio, raccontando il fenomeno attualissimo dell’immigrazione attraverso la metafora del calcio con un linguaggio cinematografico deciso e scorrevole. Il documentario ci fa conoscere La Liberi Nantes Football Club, una squadra di calcio composta da rifugiati e richiedenti asilo, che partecipa al campionato di terza categoria senza poter concorrere al titolo. Alla maggior parte dei giocatori, infatti, mancano ancora i documenti richiesti dalla Federazione per poter competere a tutti gli effetti. L’esclusione della squadra dalla classifica riflette l’impossibilità dei migranti di “mettersi in gioco” in un paese straniero. Il campo di calcio è il pretesto per addentrarci nella pluralità delle vite che lo calcano.
Sul fronte dei documentari internazionali vince Owino di Javier Marino e Yussuf Razzaque (Spagna) per la capacità di raccontare con lucidità e sensibilità, senza sentimentalismi, il dramma sociale e umano di un’intera comunità, restituendoci attraverso colori splendidi, l’immagine non stereotipata di un’Africa consapevole, piena di vita e desiderosa di riscatto.
Il documentario racconta la storia della lotta di una piccola comunità africana contro i crimini ambientali di una fabbrica che ha avvelenato la loro vita con il piombo. Un’industria assassina che opera in tutta l’Africa davanti agli occhi di governi incuranti e dei mercati globali.
Per la sezione corti italiani vince come miglior cortometraggio Insetti di Gianluca Manzetti. La sceneggiatura forte e la trama sono stati meravigliosamente supportati dal montaggio ritmato e dalla fotografia. La caratterizzazione è stata dettagliata e ha dato agli attori la possibilità di una performance a più sfumature. Gli elementi comici sono accompagnati dall’implicazione di un messaggio più serio, secondo cui l’innocenza non è una garanzia di sicurezza nel periodo in cui viviamo.
Il cortometraggio che vede nel cast Alessandro Haber, Mauro Racanati e Carlo de Ruggero è ambientato in una casa in cui, al suono dell’allarme, il nipote del proprietario, un vecchio vicino pazzo e il portiere dello stabile si ritrovano incastrati in un vortice di malintesi e violenza.
Nella stessa sezione, il corto L’avenir di Luigi Pane vince il Premio Rai Cinema Channel, ovvero il premio per il corto più web per il valore di euro 3000. L’avenir è ambientato a Parigi durante la notte degli attentati del 13 novembre 2015.
Per la sezione corti internazionali vince il francese Belle à Croquer di Axel Courtière. Oscar Mangoût è uno chef cannibale infuocato d’amore per la sua bella vicina di casa, la vegetariana estrema Miss Carrot. Ma questa passione sembra destinata a fallire: lei è vegetariana, mentre lui soffre di una fobia totale nei confronti dei vegetali. Le cose prendono una svolta drammatica quando lei lo invita a cena.
Per la sezione dei cortometraggi realizzati dagli studenti vince il cortometraggio inglese Life Ink di YenJu Wu si è distinto per essere un film fresco e armonioso con una storia originale. La macchina da presa insieme alla bellezza della messa in scena hanno ritratto quello che un film, come espressione artistica, può realizzare al meglio, ovvero mostrare al mondo che l’arte supera i limiti della realtà. Protagonista del corto è il commissario Lee che non riuscendo a superare un lutto trattiene tutte le sue emozioni fin quando non incontra una tatuatrice che, grazie a una un inchiostro speciale, apre uno spiraglio di luce nella sua vita aiutandolo ad affrontare la perdita.
Infine per la sezione corti di animazione vince Late Season dell’austriaca Daniela Leitner. Al centro del corto un’anziana coppia sembra aver perso l’intimo affetto l’uno per l’altra. Un giorno però, mentre i due dormono in Spiaggia avviene qualcosa di inaspettato che riaccenderà una cascata di emozioni romantiche credute perse da tempo.
Per la sezione sceneggiature di lungometraggio vince Like A Virgin di Mirta Morrone, per la sezione cortometraggio Sansone scritto da Chiara Centioni e Lady Bite per la sezione Soggetti Cinematografici, scritto da Carlo Fiorini.
Il RIFF – Rome Independent Film Festival, ideato e diretto da Fabrizio Ferrari, è realizzato con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dell’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio. L’iniziativa è parte del programma di Contemporaneamente Roma 2017 promosso da Roma Capitale Assessorato alla Crescita culturale e in collaborazione con SIAE.
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