Greg Sestero (Dave Franco) è un aspirante attore incapace di lasciarsi andare, che rimane affascinato, durante una lezione, dal coraggio e dalla carica emotiva di un curioso personaggio di nome Tommy Wiseau (James Franco). I due diventano, così, grandi amici e decidono di partire in cerca di fortuna a Los Angeles, dove, però, non fanno che accumulare delusioni. All’ambizioso Tommy viene allora in mente un’idea “geniale”: realizzare un film scritto, diretto, interpretato e prodotto da lui stesso. Verrà fuori The Room, passato alla storia come il film più brutto della storia del cinema, ma diventato ben presto un autentico cult.
The Disaster Artist, tratto dal memoir di Greg Sestero del 2013, è il racconto di come è nato e di come è stato realizzato e accolto The Room, il film più brutto della storia del cinema, eppure fra i più visti di sempre sia in sala che sul web.
Se ci verrebbe subito da pensare a Ed Wood di Tim Burton, ci si accorge subito di trovarsi di fronte a un prodotto ben diverso. Perché se il film di Burton è romantico e grottesco ed esalta il coraggio testardo di una creatività spudorata, The Disaster Artist racconta di un uomo che si butta a capofitto nella settima arte, pur conoscendola a malapena.
James Franco non realizza, però, una semplice farsa, nonostante il suo film risulti davvero esilarante, ma, a suo modo, anche un atto d’amore a Tommy Wiseau e a un cult che deve aver visto almeno un milione di volte. Lo dimostra la sorprendente e maniacale ricostruzione di alcune sequenze di The Room, che è possibile ammirare negli imperdibili titoli di coda.
Franco decide anche di interpretare il suo protagonista, calandosi nei suoi panni attraverso una mimesi straordinaria (meritato il Golden Globe come migliore attore), a cui contribuisce non solo il potere del make-up, ma anche l’impossessamento di vezzi, modi, accento e risata. Porta, così, sullo schermo il narcisismo debordante, l’ego smisurato, il carattere imprevedibile e le crisi di autostima di un personaggio che non può che conquistare immediatamente lo spettatore.
Ma, come dicevamo, The Disaster Artist non si limita a far ridere, aprendosi anche a riflessioni amarissime sul mondo del cinema, sul labile confine tra fallimento e successo e sul potere ammaliante, e oggi più che mai attuale, del trash.
Il film racconta, così, il contrasto tra aspirazione e risultato, tra desiderio e realtà, tra ambizione e capacità, tra arte e spazzatura, tra denaro e talento. Ma anche una bella storia d’amicizia e di complicità maschile: Greg e Tommy sono, infatti, due emarginati che trovano uno nell’altro la forza di non abbandonare i loro sogni e di credere che in fondo possono farcela.
The Disaster Artist, così come The Rooom, si fa sempre più comico man mano che la visione procede, giocando tutto sul contrasto tra le ambizioni visionarie del protagonista e l’impatto con la realtà. Spassosissime, in particolare, sono le parti ambientate sul set, tra gli sguardi increduli della troupe e del cast e le improvvise ambizioni dittatoriali di Wiseau.
Franco lascia da parte i suoi progetti più ambiziosi e i grandi padri della narrativa americana (ricordiamo il precedente In dubious battle), per raccontare una storia più semplice, ma non meno forte ed urgente. Non a caso, non sono pochi gli elementi che legano la sua esperienza di cineasta nella potente Hollywood capitalistica a quella di Wiseau: anche lui, infatti, come il suo coraggioso protagonista, ha sposato una assoluta e programmatica indipendenza autoriale.
Per questo film, Franco ha scelto, inoltre, di fare le cose “in famiglia”, chiamando accanto a sé il fratello Dave, la cognata Alison Brie, l’amico Seth Rogen, e servendosi di gustosi camei di colleghi, come Sharon Stone, Bryan Cranston, Zac Efron e Megan Mullally.
Alberto Leali