E’ difficile parlare di un film come The broken key: la nuova fatica di Louis Nero è infatti un’opera mastodontica, intricata, ambigua, piena zeppa di personaggi. E lo spettatore è chiamato ad orientarsi, con non poco sforzo, in un mondo costruito totalmente su simboli e significati nascosti. Dante, Re Artù, Hieronymus Bosch, Nikolas Tesla, Il Codice Da Vinci, Seven, Dune, Blade Runner, gli egizi, i Templari, le simbologie alchemiche, l’esoterismo: un’impressionante mole di materiale mescolata in modo confuso, anche se a tratti indubbiamente affascinante.
Raccontare la trama di The broken key è quindi quasi impossibile, oltre che superfluo: in estrema sintesi, possiamo dire che al centro di questa avventura, al contempo arcaica e futuristica, c’è il ricercatore Arthur J. Adams (Andrea Cocco), che cerca il frammento mancante di un antico papiro indispensabile per la salvezza dell’umanità, protetto dalla misteriosa confraternita dei seguaci di Horus. Nel frattempo, ad ostacolare l’ardua ricerca, interviene una serie di omicidi legati ai sette peccati capitali.
Ma procediamo con ordine, indicando quali sono gli aspetti indubbiamente positivi del film di Louis Nero. Innanzitutto, la scelta delle bellissime e inedite location, a cominciare da una Torino “magica” e trasformata in un vero e proprio “santuario a cielo aperto” intriso della spiritualità dei tempi degli antichi egizi. Il secondo plauso va a scenografie, costumi, trucco, luci ed effetti speciali, che non hanno nulla da invidiare agli spettacolari blockbuster americani. Infine, va ammesso che il giovane regista torinese ha avuto un coraggio enorme nello scegliere di realizzare un film di tale portata, mettendoci all’interno tutto il suo sapere, tutti i suoi interessi e tutti i suoi studi, consapevole, peraltro, dei rischi in cui incorreva.
Purtroppo, però, The broken key è un’opera davvero ardua da digerire e l’impressione che si ha durante tutta la visione è che sia il regista l’unico che sappia in che direzione il film ci stia conducendo e che cosa ci stia mostrando. Lo spettatore osserva invece stordito e annoiato, sovrastato da una fittissima rete di simboli, riferimenti, situazioni e personaggi totalmente imperscrutabili. Altri punti dolenti sono poi i dialoghi, che risultano fasulli e inconsistenti, e la scelta dell’attore protagonista Andrea Cocco, dal look alla Keanu Reeves, ma dalla scarsa gamma espressiva. Meglio le stelle internazionali che gravitano attorno a lui e che impreziosiscono il film con i loro curiosi camei: Rutger Hauer, Geraldine Chaplin, William Baldwin, Maria de Madeiros, Christopher Lambert, Kabir Bedi, Michael Madsen.
Alberto Leali