Presentato a Cannes nella sezione Un certain regard, arriva al cinema dal 13 giugno con I Wonder Pictures
The Animal Kingdom racconta di una misteriosa epidemia che coinvolge il mondo intero e che trasforma gradualmente in animale chiunque ne venga colpito.
Il sedicenne Émile (Paul Kircher) e suo padre François (Romain Duris) sono imbottigliati nel traffico quando il furgone che trasporta le creature infette, per isolarle in un centro del Sud della Francia, deraglia.
François, seguito da Émile e aiutato da una poliziotta (Adèle Exarchopoulos), si mette così sulle tracce di sua moglie, mutata e scappata da un’ambulanza, probabilmente rifugiatasi in un fitto bosco, che accoglie i mutanti. Nel frattempo anche in Émile appaiono i primi segni della mutazione.
Il nuovo film di Thomas Cailley (The Fighters) è un potente racconto allegorico, che mescola ottimamente sci-fi, thriller, distopia e coming of age.
E attraverso il rapporto fra un padre e un figlio, costretti a confrontarsi con un mondo in cui gli uomini iniziano a trasformarsi in animali, racconta la paura del diverso, visto come minaccia da reprimere e non come elemento di integrazione.
Cailley rimanda alle atmosfere dei romanzi di Stephen King e del postmodernismo e riflette sulla deriva, sempre più individualista, del mondo di oggi, che non prevede nessun tipo di comprensione per ciò che viene, spesso a torto, reputato pericoloso (impossibile non pensare alla situazione drammatica vissuta a inizio pandemia da Covid-19).
Cailley rappresenta, al contempo, una natura che vuole prepotentemente riprendersi i suoi spazi, ai danni di un’umanità che per troppo tempo è stata al comando di un pianeta lacerato e soggiogato.
Attraverso la trasformazione di Émile, racconta inoltre i turbamenti dell’adolescenza, l’emancipazione dei giovani dall’iperprotezione degli adulti, ma anche la volontà di abbracciare una natura doppia che, se all’inizio spaventa, si traduce poi in una nuova forma di libertà.
La durata eccessiva nulla toglie al valore di un’opera originale, ambiziosa e coraggiosa, che ha come punti di forza la regia dinamica, l’atmosfera singolare e l’affiatamento tra l’impressionante Paul Kircher e il sempre valido Romain Duris.
Nonostante le tematiche seriose, il film non dimentica l’umorismo, mentre l’ampio dispiego di effetti speciali non toglie vigore all’inquietante realismo della messinscena.
Un cinema energico, selvaggio, sensoriale, sorprendente. Una boccata d’aria fresca.
Paola Canali