George Clooney porta al Festival del Cinema di Venezia la sua nuova fatica da regista, Suburbicon, sicuramente fra i film più attesi di questa settantaquattresima edizione
Nato da un vecchio copione dei fratelli Coen risalente agli anni ‘80, che George Clooney ha riscritto con Grant Heslov, per renderlo più contemporaneo, Suburbicon è una commedia nerissima e grottesca che prende pesantemente di mira la società e la politica dell’America di Trump.
Pur essendo ambientata nel 1959, infatti, la vicenda di Suburbicon è ricca di riferimenti all’attualità. In un distretto residenziale apparentemente tranquillo e impeccabile, l’arrivo di una famiglia di colore viene accolta con ben poca benevolenza. I borghesissimi e ipocriti abitanti si scagliano con brutale ferocia contro i nuovi arrivati, mentre nella villetta a fianco si consuma, nella generale indifferenza, un massacro famigliare legato a tradimenti e avidità. Eventi drammatici che si svolgono dinanzi agli occhi smarriti e terrorizzati di un bambino, che, però, sarà l’unico a imparare qualcosa di buono da questa inquietante sequela di barbarie.
Matt Damon, forse nel ruolo più cattivo della sua carriera, e Julianne Moore, perfetta nelle vesti della donnina apparentemente docile ma dai numerosi lati oscuri, sono i protagonisti di questo film che sembra girato, ovviamente, più dai Coen prima maniera (Blood Simple) che da Clooney.
Ma forse è proprio per questo che Suburbicon ci è piaciuto così tanto: un’opera dissacrante, sferzante, divertente, immersa nei topoi classici del noir hollywoodiano. Anche se, sicuramente, gli manca la forza dirompente della messinscena dei due entants terribles del cinema americano.
Roberto Puntato