Il giovanissimo studente Peter Parker non riesce a dimenticare la sua esaltante esperienza al fianco degli Avengers in Captain America: Civil War. Vuole, infatti, diventare a tutti i costi un supereroe e così, indossando il suo super costume, tra una lezione a scuola e l’altra, dà la caccia ai criminali per dimostrare di essere pronto a far parte della squadra. Deve però vedersela con un terribile avversario, l’Avvoltoio, che si arricchisce trafficando armi.
Dopo la trilogia di Sam Raimi e la versione ‘rivisitata’ di Drew Goddard, adesso è la Marvel, la casa madre, a sfornare un altro Spider-Man. Uno Spider-Man molto diverso da quelli che abbiamo visto finora sullo schermo, eppure il più fedele alla controparte cartacea: un mix gustoso e frizzante tra un high-school movie e un film di supereroi, diretto dal regista Jon Watts, al suo terzo lavoro. Pur se ispirato al film di John Hughes, Spider-Man: Homecoming non è una origin story: si sorvola, quindi, sulle questioni che aprono la storia del personaggio e si entra nel bel mezzo del mondo di Peter Parker, già cosciente, e in parte padrone, dei propri poteri, ma con ambizioni più alte, alle prese con la quotidianità scolastica, le feste e le prime cotte adolescenziali. Perfetta è, quindi, la scelta del giovane inglese Tom Holland come protagonista, irresistibile nei panni del ragazzino secchione e un po’ sfigato, umanissimo ed inesperto, che si trasforma fra i cassonetti in supereroe ironico e impavido. Un quindicenne ossessionato dalla voglia di mettersi in gioco e di entrare in un mondo adulto che sembra non aver poi così bisogno di ragazzini supereroi. A Holland/Peter ci si affeziona subito, così come a tutta la banda di studenti/comprimari che affollano i corridoi della scuola entro le cui mura si svolge la gran parte del film: lo spettatore empatizza così con il corpulento e irresistibile Ned Leeds di Jacob Batalon, con l”anarchica’ Michele della star Disney Zendaya e con la bella e dolce Liz Allan di Laura Harrier.
Spider-Man: Homecoming stupisce per l’aguzza ironia e per l’andamento leggero, per il suo non prendersi mai troppo sul serio, diversamente dai precedenti film dedicati al supereroe. È Peter, prima ancora che Spider-Man, il vero protagonista di questo film, non più oppresso dal senso di colpa, ma nel pieno di quel periodo delicatissimo fra l’infanzia e l’età adulta, che è l’adolescenza di un comunissimo ragazzo del Queens.
Una ringiovanita e sexy Zia May, interpretata da Marisa Tomei e un saggio Tony Stark/Iron Man, interpretato da Robert Downey jr., che veste i panni di mentore, deus ex machina e freno alla esuberanza adolescenziale del protagonista, completano il riuscitissimo quadro di personaggi. Al solito da applauso l’interpretazione dell’ex Birdman Michael Keaton nel ruolo del titanico villain L’Avvoltoio. In sintesi, un’operazione che non era sicuramente fra le più facili, ma pienamente riuscita, che contestualizza il nuovo baby Spidey nell’universo degli Avengers senza dare la sensazione di già visto e facendoci trascorrere le 2 ore e 15 minuti di durata col sorriso sulle labbra e con una sorprendente aria di familiarità.
Alberto Leali