In anteprima alla XV edizione del festival Rendez-vous, arriva al cinema dal 10 aprile con Bim Distribuzione
Nel suo ultimo lavoro, Sotto le foglie, François Ozon esplora la complessità delle relazioni familiari con un film che si immerge nelle ambiguità della vita e della morte. Il regista francese porta lo spettatore nella tranquilla campagna della Borgogna, dove la vita di Michelle (Hélène Vincent), una pensionata che si dedica alla raccolta di funghi, è segnata da una tensione sottile ma persistente. La sua esistenza, caratterizzata da routine quotidiane con l’amica Marie-Claude (Josiane Balasko), è improvvisamente scossa dall’arrivo della figlia Valérie (Ludivine Sagnier) e del suo figlio Lucas (Garlan Erlos), che porta con sé rancori irrisolti. Un ulteriore fattore destabilizzante è l’ingresso nella storia del figlio di Marie-Claude, Vincent (Pierre Lottin), un giovane appena uscito di prigione.
La tranquillità della vita di campagna, immersa nel calore delle tradizioni e dei paesaggi autunnali, diventa lo scenario di una tragedia intergenerazionale, un dramma che emerge dai non detti e dai conflitti mai risolti. Ozon gioca con il contrasto tra l’atmosfera accogliente, spesso idealizzata, della campagna e la durezza delle emozioni che sottendono le interazioni dei suoi personaggi. La regia predilige ampie inquadrature che invitano lo spettatore a sentirsi parte di questo mondo, ma ogni momento di apparente serenità nasconde il malcontento che serpeggia sotto la superficie. Il paesaggio diventa metafora di una vita che, sebbene sembri stabile e rigogliosa, è continuamente minata dal passato.
L’autunno, con il suo significato simbolico di decadenza e transizione, è il contesto in cui si svolge la storia. I funghi, che Michelle raccoglie nei boschi, diventano l’emblema di un mondo che mescola vita e morte, nutrimento e pericolo. Un incidente apparentemente banale, una quiche di funghi tossici servita a tavola, diventa il punto di rottura che aggrava ulteriormente il conflitto familiare. La figlia Valérie accusa la madre di averla avvelenata deliberatamente, e la sua vendetta la porta a escludere Michelle dalla vita del nipote, segnando così una frattura irreparabile.
Nel cuore della storia, Ozon affronta il tema del trauma intergenerazionale, facendo emergere come il passato non possa essere facilmente sepolto, ma piuttosto continui a riaffiorare sotto forma di conflitti irrisolti. Le emozioni dei personaggi, intrappolate in un circolo di rancore e incomprensione, non possono essere spazzate via con il semplice passare del tempo, e le ferite non guariscono facilmente. La musica di Evgueni e Sacha Galperine, con il suo tono malinconico, amplifica questa sensazione di inquietudine, di qualcosa che non può mai essere dimenticato, ma che continua a farsi sentire.
Ozon, con la sua consueta maestria, crea un film che sfida le aspettative, rifiutando di dare risposte semplici ai dilemmi morali che pone. Le azioni dei personaggi restano ambigue, come il fungo che raccoglie Michelle: nutriente e tossico allo stesso tempo. L’incidente con la quiche di funghi diventa il simbolo di un mondo dove le buone intenzioni possono facilmente trasformarsi in tragedie, e dove la verità è sfumata e difficile da afferrare.
In un contesto che mescola elementi di commedia e dramma, Ozon crea una storia familiare che mette in discussione il concetto stesso di famiglia, esplorando i legami di sangue con una sensibilità particolare. I personaggi, infedeli alle leggi degli uomini e di Dio, sono comunque fedeli ai loro cuori, agendo in base ai desideri e alle emozioni che li attraversano, senza mai cercare un giudizio facile o una verità definitiva. È proprio questa ambiguità morale a rendere il film così affascinante, costringendo lo spettatore a interrogarsi continuamente sulle azioni dei protagonisti.
Il finale del film lascia aperte molte domande, senza risposte definitive, e con uno spazio vuoto che il pubblico è invitato a riempire con le proprie riflessioni. In questo senso, Sotto le foglie si inserisce nella tradizione di film come Sotto la sabbia, in cui Ozon esplora il confine tra realtà e sogno, tra verità e menzogna. Il mistero che circonda la morte e il crimine non viene mai chiarito, ma è proprio questo l’elemento che rende la pellicola così inquietante e potente.
Alla fine, ciò che rimane è un film che ci invita a riflettere su come, in un mondo dove la vita e la morte sono così intimamente intrecciate, le emozioni e i desideri umani siano spesso tanto ambigui quanto i funghi che crescono nel bosco. Ozon, con il suo tocco delicato e la sua visione acuta dei rapporti umani, ci regala un’opera che, pur nella sua opacità, riesce a toccare il cuore, facendoci interrogare sulle nostre stesse famiglie, tra segreti e desideri non detti.
Ilaria Berlingeri