Il successo internazionale del cortometraggio I am Bansky porta l’Italia agli Oscar 2020
La regista e sceneggiatrice Samantha Casella sta riscuotendo un notevole successo internazionale grazie al suo ultimo lavoro dedicato al massimo esponente della street art. Si intitola, infatti, I am Bansky il cortometraggio con Marco Iannitello, Caterina Silva e Diego Verdegiglio che si è aggiudicato il premio come Best Mystery Short all’Olympus Film Festival e che concorrerà agli Oscar del 2020 grazie agli addetti ai lavori di Los Angeles. Un percorso ricco di soddisfazioni per la cineasta di Faenza, che ha in curriculum molti riconoscimenti nazionali e internazionali.
Samantha, perché parlare di Bansky oggi?
Ho sempre amato l’arte e diciamo che Banksy non è mai rientrato tra i miei artisti preferiti perché troppo impegnato nel sociale mentre personalmente in tutte le forme d’arte, tendo ad avvicinarmi ad un approccio più intimista, o comunque sia emozionale. L’idea di realizzare un cortometraggio è nata durante una classica serata tra amici, facendomi dire chi fosse per loro Bansky. Ognuno ha espresso la propria opinione, ma quella che più mi ha colpito è stata la risposta di una amica. Lei rispose che forse nemmeno esiste o fa parte di un sistema, da lì ho iniziato ad elaborare i discorsi e fare ricerche. Amo i film il cui motore è la ricerca e da lì ho pensato a un giornalista disposto a tutto pur di arrivare a scoprire l’identità di questo artista.
Che volto daresti a questo artista misterioso?
Non ho mai realmente pensato a un volto, anzi, penso che Banksy a questo punto non debba avere un volto. Cadrebbe tutta la magia. Banksy ha nascosto sé stesso all’interno di enigma. Spero ci rimarrà.
Quali sono stati i tuoi punti di riferimento nel cinema?
Guardo di tutto, dal cinema di fantascienza a quello impegnato per arrivare all’animazione. Il mio primo amore cinematografico è stato Ingmar Bergman. La ricerca di un dialogo con Dio, mi ha sempre affascinata. Poi sono arrivati Luchino Visconti, Krzysztof Kieslowski, David Lynch e Stanley Kubrick. Ora come ora, a parte tutti questi autori che sempre sono rimasti nel mio cuore, ho una venerazione per Terrence Malick, Paul Thomas Anderson e Quentin Tarantino. Probabilmente sono registi molto diversi tra loro, eppure tutti indagano su cosa cova dentro al cuore e alle anime degli uomini. Mi interessa principalmente il “non detto”, il lato oscuro.
Sei molto apprezzata anche all’estero, come stai vivendo questo periodo fortunato ?
A volte penso di stare attraversando un periodo molto fortunato e che questa parabola potrebbe esaurirsi così, da un momento all’altro. Gli Oscar ad esempio, è già un traguardo essere rientrati nella selezione per la cinquina; la strada di “I Am Banksy” è destinata a fermarsi lì. Non lo dico per scaramanzia, lo dico perché sono molto realista. Allo stesso tempo cerco di affrontare le cose con disciplina. Scrivo molto e cerco di gettare le basi affinché siano storie trasportabili sullo schermo. Al cinema o tramite il web, tutto sommato poco cambia, l’importante è cercare di dar vita a qualcosa con un contenuto che coinvolga la maggior parte di persone.