In scena dal 21 novembre al 1º dicembre
Un concentrato di Jannacci in un’epoca non lontana, e di chi c’era nei dintorni Giorgio Gaber, Adriano Celentano, Dario Fo.
Ma anche i pazzi artistoidi che hanno prodotto capolavori come “El purtava i scarp del tenis” oppure “Vengo anch’io no tu no”.
L’amore per il rock, per il jazz ma soprattutto per le persone e le loro storie raccontate nelle canzoni di Jannacci, qualcosa di indefinibile, leggere come aria e allo stesso tempo spesse e profonde, definitive.
Jannacci noi lo possiamo vedere in tanti modi diversi, nei dialoghi al bar nel rigore sbagliato, nella foto di un figlio senza motorino, in Cochi e Renato, in Paolo Conte, in Walter Chiari, in Dario Fo, nel Jazz in un locale fumoso, nel cielo grigio ma anche n un prato verde in una foto in bianco e nero di una donna davanti ad una fabbrica in inverno che si chiamava vincenzina.
La storia minima di Jannacci vista da un toscano e un romano, un po’ narrata, concentrata, un po’ cantata da Simone Colombari e Max Paiella.