Vincitore del Leone d’argento – Gran Premio della Giuria a Venezia 79, arriva al cinema dall’8 ottobre distribuito da Medusa Film per Minerva Pictures
Il lucido e potente Saint Omer parte da uno scioccante caso di cronaca: una giovane donna di origini senegalesi abbandona la figlioletta sulla spiaggia di Berk, vicino Calais, lasciando che l’alta marea la trascini via.
Alice Diop, al suo esordio nella finzione ma con un’importante carriera da documentarista, sceglie di far parlare le immagini, utilizzando la raggelata e claustrofobica struttura processuale come efficace strumento narrativo.
Così mette l’imputata Laurence Coly dinanzi alla corte e ci fa assistere a un avvincente dramma processuale, proprio come se ci trovassimo anche noi in quell’aula, in attesa di dettagli e risposte.
Se l’andamento campo e fuoricampo si dimostra perfettamente funzionale, ciò che affascina è la trovata della Diop di trasporre la sua osservazione in quella di Rama, giovane scrittrice in dolce attesa che segue il dibattimento perché sta lavorando a una rivisitazione del mito di Medea.
In tal modo, crea un legame fra imputata e osservatrice: due donne di origine africana in Francia, con più di un aspetto sociale e famigliare in comune e ora alle prese con gli insondabili misteri della maternità.
È grazie al racconto dell’impenetrabile, dignitosa e contraddittoria Laurence se Rama può compiere un intimo quanto destabilizzante percorso di autoanalisi su se stessa e sulla sua futura condizione di madre.
La sala del tribunale di Saint Omer, nel frattempo, si trasforma in un palcoscenico teatrale dove tutti interpretano un ruolo: accusati e accusatori si fanno attori, i giurati spettatori, il giudice regista. Ogni interrogatorio e ogni testimone contribuiscono a chiarire, ma anche ad offuscare, i motivi dell’atto incomprensibile e terribile compiuto e confessato dall’imputata.
Partendo da un processo di infanticidio, il film si eleva a racconto universale sulla maternità e sulla difficoltà di accettare il peso di un ruolo di cui non ci si sente all’altezza. Ma si rivela anche un’opera capace di affrontare in modo mai banale temi spinosi come immigrazione, razzismo, pregiudizio, invisibilità sociale e peso delle radici.
Costruito in maniera inedita ed acuta, Saint Omer non lascia mai spazio alla retorica o alla morale e ha la capacità di usare il potere della narrazione per sublimare il reale.
Ilaria Berlingeri