Dopo 35 anni di matrimonio, la borghese Sandra (Imelda Staunton) scopre che suo marito la tradisce da tempo con una sua amica. Disperata e smarrita, cerca rifugio a casa della sorella Elizabeth (Celia Imre), detta Bif, che non frequenta più da molto tempo e che vive in una palazzina popolare della zona est di Londra. Bif, diversamente da Sandra, conduce una vita allegra, piena e movimentata, frequentando gli amici di un corso di ballo. Sandra, inizialmente diffidente e chiusa nel proprio dolore, scoprirà grazie a loro la possibilità di riprendere il controllo della propria vita. E, in più, ritrova l’amore, grazie al simpatico Charlie (Timothy Spall).
La solita commedia sulla terza età? Può darsi, eppure Ricomincio da noi, in originale Finding your feet, ovvero Rimettersi in piedi, è un film che ha una grazia, un brio e un’ironia che lo rendono assolutamente delizioso. Certo, il messaggio e lo svolgimento narrativo non saranno originalissimi, ma quella di Richard Loncraine è un’opera assolutamente godibile, che senza troppe pretese, intrattiene e si fa voler bene.
Un invito a chiunque, e non solo ai più maturi, a non rinunciare ai propri desideri e alla propria voglia di vivere; ma anche, e soprattutto, una tenera e profonda riflessione sull’amicizia, quella più goliardica, schietta e genuina, che si contrappone allo snobismo e alla falsità da middle class.
Ricomincio da noi presenta due modi differenti di concepire la vita e soprattutto la vecchiaia: quello serioso e senza guizzi di Sandra, che ha rinunciato alla sua identità per la famiglia e lo status sociale, e quello allegro, sciolto e dinamico di Bif. Il film segue Sandra nel percorso di riappropriazione di se stessa e della propria libertà, sbloccando ciò che ha tenuto chiuso dentro di sé per troppi anni. Sarà la danza, sua grande e sacrificata passione giovanile, a farle comprendere che per imparare a vivere non è mai tardi.
In Ricomincio da noi non mancano certo dolori, lutti e malattie, che costringono i personaggi a fare i conti con l’inesorabile avanzare del tempo; eppure nessuno di loro si abbatte o piange addosso, ma va avanti, ancora speranzoso nel futuro.
Richard Loncraine, famoso soprattutto per Riccardo III e Wimbledon, cambia qui decisamente registro, ma si destreggia bene tra umorismo, buoni sentimenti e qualche momento drammatico. E la sceneggiatura di Nick Moorcroft e Meg Leonard, a parte qualche evitabile stereotipo, ha il merito di costruire dialoghi frizzanti e personaggi con cui è facile simpatizzare.
La riuscita del film va, però, attribuita soprattutto allo straordinario cast, a cominciare da Imelda Staunton, indimenticabile Vera Drake di Mike Leigh, che veste qui un ruolo per lei piuttosto insolito, dimostrando la sua notevole versatilità. Ma da applausi sono soprattutto le prove di Timothy Spall, che lascia a bocca aperta in qualsiasi ruolo interpreti, e Celia Imrie, che rappresenta l’anima più vera del film e il personaggio che ci entra più potentemente nel cuore. I loro duetti valgono anche da soli il prezzo del biglietto.
Alberto Leali