Nelle sale italiane dal 16 gennaio con Warner Bros. Pictures
Atlanta, Georgia. Richard Jewell (Paul Walter Hauser) è un trentatreenne diabetico e sovrappeso che vive con sua madre (Kathy Bates) e svolge lavoretti di sorveglianza. Proteggere gli altri è per lui una missione (non a caso sogna di diventare poliziotto), così, il 27 luglio del 1996, durante i concerti che precedono le Olimpiadi, è il primo a dare l’allarme alla vista di uno zaino sospetto abbandonato sotto una panchina. Il suo contribuito fa sì che l’attentato al Centennial Olympic Park abbia un esito meno tragico di quello previsto: Richard, così, diventa all’improvviso l’eroe che ha sempre sognato di essere. Si accorgerà molto presto, però, che quella celebrità gli si ritorcerà contro con conseguenze davvero pesanti.
Clint Eastwood continua il racconto dei suoi eroi del quotidiano, stavolta ispirandosi ad un articolo intitolato “American Nightmare” e alla vera storia di colui che salvò migliaia di persone durante le Olimpiadi di Atlanta. E ancora una volta racconta l’America e le sue contraddizioni, attraverso la vicenda di un uomo issato sull’altare e poi messo alla berlina, a cui è stata affibbiata un’immagine tragicamente diversa da quella reale.
Costruisce così una parabola amara e potente sulle etichette che il potere attacca addosso alle persone, disinteressandosi delle loro vite e della loro vera natura. In tal senso, Richard Jewell è un film sulla verità, quella che viene decisa dai piani alti e che non ci preoccupiamo di mettere in discussione, specie se inserita in una narrazione ben codificata.
Eastwood punta il dito contro le indagini dell’FBI e della stampa, che non esitano a dipingere Richard come il colpevole dell’attentato pur di tutelare i propri interessi. Attorno a lui si crea, così, un crudele ed incessante processo mediatico che finirà per minare il suo già delicato stato di salute; a credere nella sua innocenza solo una madre a cui hanno brutalmente strappato l’orgoglio per il figlio e un piccolo e caparbio avvocato di provincia (Sam Rockwell).
Vittima della ferocia dei media e di un apparato governativo disinteressato al benessere e alla libertà dei suoi cittadini, Richard Jewell è un uomo come tanti, con tutti i pregi, i difetti e le ambiguità che emergono dall’accurato disegno psicologico del personaggio. Non è descritto, infatti, come un eroe tout court, ma come un uomo semplice, perfino ingenuo e un po’ ottuso, ma dotato di grande integrità e senso del dovere.
Lucida, toccante e splendidamente interpretata, la nuova fatica di Clint Eastwood conferma la grandezza di un cinema etico ed onesto che ha ancora tanto da insegnarci.
Alberto Leali