2045. Il diciassettenne Wade (Tye Sheridan) cerca rifugio nella realtà virtuale di OASIS, creata dal leggendario programmatore James Halliday (Mark Rylance) e divenuta ormai riparo quotidiano per l’intera umanità. Alla morte di Halliday, si apre un’ambitissima caccia al tesoro per impossessarsi dell’azienda, che il programmatore ha stabilito di cedere a chi riuscirà a risolvere tre enigmi legati alla cultura nerd. Wade, attraverso il suo avatar Parzival, è intenzionato a vincere, così come la combattiva e misteriosa Art3mis (Olivia Cooke), di cui il ragazzo è innamorato, e il losco affarista Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn).
Dopo averci raccontato dei Pentagon Papers nel sobrio e classicissimo The Post, Steven Spielberg cambia decisamente rotta e decide di trasporre per il grande schermo il cult nerd di Ernest Cline (qui co-sceneggiatore con Zak Penn), Ready Player One.
Una vera festa per i nostalgici degli anni ’80 e i malati di videogames, che si troveranno alle prese con un giocattolone ipercinetico, che dissemina una marea di citazioni ed omaggi, in un caos visivo e sensoriale che rende alla perfezione l’universo descritto.
Ready Player One è un racconto avventuroso con al centro un giovane eroe che deve affrontare numerose prove per compiere un’impresa che può cambiare il mondo, portando a casa, al contempo, l’immancabile lezione di vita, che ne comporterà la crescita. Il tutto è condito da un massiccio ma superlativo uso della CGI e degli effetti speciali, perfettamente funzionali alla dichiarazione d’amore del regista settantunenne a quella pop culture che ha conquistato le generazioni più diverse.
In linea con gli standard dei blockbuster attuali, chiassosi e visivamente barocchi, Ready Player One rappresenta per Spielberg una divertita vacanza dal cinema impegnato, essendo diretto principalmente al pubblico dei più giovani, che potranno esaltarsi con le scatenate sfide e battaglie action (al ritmo della trascinante colonna sonora di Alan Silvestri) e ritrovare tutto ciò che più amano dello sterminato mondo dei videogames.
Ma la nuova fatica di Spielberg tratteggia anche il ritratto di una società che vive di disparità e contrasti, tra sfarzosi e imponenti grattacieli in cui alloggiano i privilegiati e quartieri fatti di container e cumuli di vecchie automobili retti da impalcature metalliche. Un mondo cupo e disastrato, a cui si cerca di sfuggire immergendosi, ogni volta che si può, in una realtà virtuale in cui ognuno può essere qualcun altro, dimenticando ciò che è nella vita vera.
Eppure, il messaggio che emerge forte e chiaro in Ready Player One è quello comune a molti film per ragazzi degli anni ’80, che, raccontando il fascino ma anche i rischi del virtuale, invitano a non perdere il contatto con la realtà e con i sentimenti.
Ricchissimo, esagerato, frenetico, immaginifico: Ready Player One gronda cinema e cinefilia (una goduria la lunga sequenza in cui l’Overlook Hotel di Shining riprende vita) e ci catapulta in un universo fantastico e sognante, in cui, però, specie per i meno avvezzi al mondo dei videogames, è facile perdersi e rimanerne storditi.
E’ indubbio, però, che ci troviamo di fronte a un film di grande intrattenimento, firmato da un autore che non ha mai perso la sua anima da ragazzino e che riempie le sue creature di contagiosa passione.
Alberto Leali