Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, arriverà in sala il 27 marzo con Vision Distribution
Il ritorno al cinema di Sofia Coppola è un biopic tratto dal memoir di Priscilla Presley, Elvis and Me, che racconta il suo turbolento rapporto con il re del rock’n’roll, al quale fu sposata dal 1967 al 1973 e da cui ebbe la figlia Lisa Marie.
Il risultato è un prodotto che si lascia guardare piacevolmente, ma un po’ sbiadito, affidato ai volti di Cailee Spaeny, premiata forse troppo generosamente a Venezia, e della star in ascesa Jacob Elordi.
L’iter narrativo è lineare, in pratica esattamente quello che ci si aspetta da un biopic come questo, ed ovviamente il focus è tutto sul personaggio di Priscilla che, da bambola innamorata e rinchiusa in una gabbia dorata, si fa eroina di autodeterminazione femminile. E non poteva essere diversamente visto che Priscilla Presley è anche, e soprattutto, produttrice della pellicola.
Siamo molto lontani da Il giardino delle vergini suicide, Lost in Translation e Marie Antoinette, anche se in fondo gli elementi che caratterizzano il cinema della Coppola ci sono tutti, a cominciare da un personaggio femminile incastrato in una vita solo apparentemente luminosa, che si troverà a confrontarsi con la realtà e la disillusione.
Lo sguardo della Coppola è sobrio, sensibile e misurato e analizza in particolare l’isolamento di Priscilla mentre muove i primi passi nella sua nuova vita di donna. Mantenuta a Graceland, plasmata dal marito star e in perenne attesa che lui torni da un tour o dalle riprese di un film per dedicarle le attenzioni che desidera. In fondo, il ritratto eloquente della vita di troppe donne di quella, come di altre epoche, costrette a negoziare per sempre il proprio posto nel regno degli uomini.
Coppola, ovviamente, dipinge Elvis attraverso gli occhi di Priscilla, evitando concerti e momenti iconici, ma concentrandosi sulla vita quotidiana della coppia. Tra tenerezza ed affetto, ma altresì richieste sempre più esigenti, tradimenti e spaventosi scatti di rabbia, conseguenza anche dell’uso di droghe.
Il personaggio di Elvis, però, non viene mai dipinto come negativo, piuttosto come il prodotto del suo tempo, della sua educazione e dello status che ha raggiunto. È sempre chiaro che tenga davvero a Priscilla, pur se a modo suo, ma anche che esisteva (ed esiste) un intero sistema e una società che presupponevano un certo tipo di rapporti uomo/donna.
Ciò che più colpisce nel film della Coppola sono, però, le ottime musiche di Thomas Mars e dei Phoenix e una confezione al solito elegante ed impeccabile. Per il resto, nonostante si percepisca il tocco della regista nel raccontare con cura il mondo interiore femminile, il film non si rivela abbastanza incisivo e a fine visione lascia l’amaro in bocca. Il problema, forse, è nella scelta di uno stile troppo trattenuto, che limita l’empatia e le emozioni.
Paola Canali