Si è conclusa ieri sera a Fiano Romano, nella splendida cornice del Castello Ducale, la XX edizione della rassegna LO SCHERMO E’ DONNA, promossa e organizzata dall’Associazione culturale “Città per l’Uomo”, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Lazio, della Provincia di Roma e del Comune di Fiano Romano. Il tema di quest’anno è stato il rapporto tra donne e lavoro: i film scelti per la rassegna hanno raccontato storie fra loro diverse, ma che hanno in comune il voler far riflettere sulle disparità che troppo spesso accompagnano le donne nel loro quotidiano lavorativo. Dopo il Premio Giuseppe De Santis alla carriera ad Ottavia Piccolo di giovedì 15 giugno, è toccato ieri sera a Isabella Ragonese ricevere il premio De Santis per la sua straordinaria interpretazione in Sole Cuore Amore di Daniele Vicari. Sul palco di Fiano Romano, per introdurre il film, anche l’on. Silvia Costa, il regista Daniele Vicari e gli attori Francesco Acquaroli e Eva Grieco.
Zerkalo spettacolo ha intervistato la coprotagonista del film, la danzatrice e attrice Eva Grieco, che ha vestito con convinzione e intensità i panni della performer Vale.
INTERVISTA A EVA GRIECO
ZS: In “Sole Cuore Amore” interpreti una performer, come nella vita. Come è stato calarti nel personaggio e unire l’arte della danza con quella del cinema?
EG: Probabilmente il personaggio di Eva nel film è un caso più unico che raro nel cinema italiano. Nessun regista prima di Daniele si è mai sognato di far fare danza contemporanea a un suo personaggio. In una prima stesura della sceneggiatura, avrei dovuto essere una danzatrice circense, ma non mi sarei sentita a mio agio, così Daniele mi ha dato la possibilità di fare qualcosa che mi appartenesse interamente. Mi ha lasciato carta bianca sulle coreografie e chiaramente il montaggio ha aiutato. Ho dovuto anche recitare, ma non è stata la mia prima esperienza. 20 anni fa ho interpretato la piccola Marianna Ucria nel film di Roberto Faenza. Ero una bambina sordomuta e dovevo fare cose distanti anni luce dalla mia realtà dell’epoca. Vale, invece, è un personaggio molto attuale, che ho sentito subito vicino. Chiaramente ho trovato degli ostacoli legati soprattutto al dover usare la voce. Il mio strumento per esprimermi è sempre stato il corpo. Ma Daniele mi ha aiutato molto, è stato molto generoso e delicato.
ZS: Quanto di Eva c’è in Vale?
EG: Vale ha un’esperienza molto diversa dalla mia. E’ una donna in crisi, soprattutto nei confronti della sua sessualità, ma anche in rottura con una famiglia che non la capisce e che la vorrebbe diversa. Però devo ammettere che è stato facile entrare nel personaggio, perché è molto attuale e il suo rapporto con il lavoro, la società, il paese in cui vive appartengono a molti di noi.
ZS: Ritrovi diversi aspetti in comune fra i personaggi di Eli e Vale?
EG: Sono donne apparentemente opposte, ma che condividono la stessa precarietà. Eli ha una famiglia da mantenere e da portare avanti, ha sulle spalle un carico pesantissimo. E’ sfruttata sul lavoro ma non può fare diversamente, e lo sa bene. Vale, invece, fa una scelta consapevole di solitudine e indipendenza. Lotta col mondo attraverso la danza.
ZS: Quanto costa nella società odierna essere una donna? Nel film è raccontata un’amicizia fortissima, quella fra Eli e Vale, che sono quasi due sorelle. Credi anche tu nella vera amicizia fra donne?
EG: In giovane età i miei rapporti con le altre ragazze non erano molto consapevoli: avevo delle amichette con cui si condividevano delle attività in comune. C’è stato un periodo in cui ho persino rifiutato il mio essere donna, ero un po’ un maschiaccio e credevo che essere un uomo fosse più facile nel mondo in cui viviamo. Poi, però, crescendo, ho iniziato a riconoscermi con altre donne e a instaurare rapporti di amicizia più profondi. Il mondo della danza ti forma alla competizione, quindi è facile vedere un’altra donna come un nemico. Però credo molto nell’aggregazione femminile e ho sempre molto sofferto per la competizione: d’altronde sono la persona meno competitiva di questo mondo. E’ anche per questo che ho lasciato la danza classica; quella contemporanea è più libera dalle gerarchie.
ZS: Parlaci del tuo nuovo progetto AFRICABAR che andrà in scena al Teatro Argentina dal 22 giugno.
EG: Lo spettacolo è nato nell’ambito del progetto TEATRO IN FUGA ed è incentrato sul fenomeno delle migrazioni forzate. Il regista è Riccardo Vannuccini e con questo spettacolo conclude al Teatro Argentina la sua Trilogia del Deserto. Lo spettacolo è l’esito del laboratorio teatrale che ArteStudio ha condotto in collaborazione con Programma Integra. I rifugiati vestiranno i panni di attori e il teatro riacquisterà la sua funzione originaria: quella di strumento di conoscenza e di comprensione degli avvenimenti contemporanei. Si sono presentati in molti per partecipare al progetto e sono stati scelti coloro che si trovavano più a loro agio sul palco. Ci saranno 26 rifugiati e 5 attori professionisti. È un progetto molto importante e a cui tengo molto, è stata un’esperienza bellissima e stando a contatto con queste persone impari molto. Sono spoglie di tutto ciò che è superfluo e hanno un trascorso drammatico. Ti senti fortunato e privilegiato.
Roberto Puntato