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Valerio Mastandrea torna dietro la macchina da presa con Nonostante, un’opera intima e riflessiva che esplora temi complessi come il lutto, la solitudine e il senso dell’esistenza, il tutto attraverso un intreccio surreale e onirico. Sei anni dopo Ride, il regista e attore affronta un nuovo capitolo della sua carriera, sempre con la stessa volontà di esplorare il confine tra commedia e dramma, ma stavolta con un’intensità emotiva che rende il suo racconto ancora più personale.
Nonostante segue la storia di un uomo (interpretato dallo stesso Mastandrea) che, mentre giace in coma in un ospedale, continua a interagire con gli altri pazienti e con i medici, senza essere visto da nessuno tranne che da qualche raro individuo. La sua vita sembra sospesa in un limbo, un mondo tra la vita e la morte che lo tiene intrappolato nella sua solitudine. Tuttavia, quando una nuova paziente (interpretata da Dolores Fonzi) entra in coma, il suo mondo cambia radicalmente, portando con sé una nuova possibilità di risveglio. La sua storia diventa un’esplorazione del rapporto tra il corpo e la coscienza, tra ciò che è visibile e ciò che non lo è, e su come l’incontro con un altro individuo possa rompersi l’incantesimo di un’esistenza vissuta senza vera partecipazione.
La premessa di Nonostante è affascinante: esplorare il mondo dei coma attraverso un punto di vista che sfida la percezione del tempo e dello spazio. È un tema che porta con sé interrogativi profondi sulla vita e sulla morte, sulla consapevolezza e sull’inconscio. Mastandrea gioca con il concetto di invisibilità, facendo del protagonista un “fantasma” in un mondo tangibile, ma intrinsecamente distante dalla sua realtà. Questo elemento surreale si mescola perfettamente con una riflessione molto più concreta sul lutto e sulla paura della morte: il film, infatti, è dedicato alla memoria del padre dell’autore, Alberto Mastandrea, scomparso nel 2023.
La forza del film risiede nel modo in cui, nonostante l’impostazione allegorica e astratta, riesce a mantenere una profonda connessione emotiva con il pubblico. La leggerezza con cui Mastandrea affronta temi così complessi diventa una delle sue caratteristiche distintive. L’elemento del “nonostante”, che permea l’intero film, è una metafora potente: nonostante la morte, nonostante la solitudine, nonostante la sofferenza, c’è sempre una ragione per cui continuare a vivere, a cercare un significato in un’esistenza che sembra sfuggire a ogni logica.
Il ritmo del film, scandito anche dalla musica originale del compositore islandese Tóti Gudnason, è delicato, ma talvolta il ricorso eccessivo alla colonna sonora rischia di abbassare l’intensità dei momenti più intimi. Nonostante ciò, la scelta musicale è comunque in linea con il tono del film e riesce a rendere ancora più emozionante l’andamento narrativo, soprattutto grazie a brani iconici come Cosmic Dancer dei T. Rex e Noi non ci saremo dei C.S.I.
La performance di Mastandrea, così come quella di Dolores Fonzi, è uno degli aspetti più riusciti del film. Fonzi, con la sua bellezza discreta e una sensualità matura, riesce a portare una dimensione umana e reale in un contesto che rischiava di rimanere troppo astratto. Mastandrea, dal canto suo, si fa carico di un ruolo difficile, mescolando introspezione e comicità con il suo solito stile laconico, ma non privo di una certa vulnerabilità. Il cast di supporto, che include attori come Laura Morante, Lino Musella, Barbara Ronchi e Justin Alexander Korovkin, contribuisce ad arricchire ulteriormente il film, creando un affresco di personaggi ben caratterizzati.
Nonostante si inserisce nella tradizione di film come Il paradiso può attendere e Ghost, che esplorano il confine tra la vita e la morte. Tuttavia, Mastandrea riesce a offrire una versione più personale e intima, priva di pathos melenso e capace, invece, di toccare le corde più profonde dell’esistenza umana. La sua regia trova il giusto equilibrio tra commedia e dramma, regalando un film che si muove su una sottile linea tra l’assurdo e il reale.
In definitiva, Nonostante è un’opera che lascia il segno per la sua capacità di affrontare temi universali con una leggerezza che, paradossalmente, non fa perdere la sua profondità. Un film che non solo racconta la paura del lutto e della fine, ma ci invita a riflettere su cosa significhi davvero vivere, nonostante tutto. La sua dolce ingenuità, pur con qualche eccesso stilistico, è il tratto distintivo di una narrazione che non può che conquistare lo spettatore, portandolo a meditare sulla propria esistenza, sospesa tra il passato e il futuro.
Federica Rizzo