Nome di donna segna il ritorno al cinema di Marco Tullio Giordana con una tematica di grande e spinosa attualità: le molestie femminili sul luogo di lavoro. Al centro del film, la figura di Nina (Cristiana Capotondi), che ha il coraggio di denunciare abusi e intimidazioni, ma si ritrova sola, nel silenzio omertoso di chi ha li ugualmente vissuti, ma non ha la forza di sottrarsi al ricatto. Per fortuna, ci saranno anche persone disposte ad aiutarla a far valere i suoi diritti e la sua dignità.
“La sceneggiatura di Cristiana Mainardi mi fu proposta 2 anni fa, quando il problema delle molestie femminili sul luogo di lavoro c’era, ma non era ancora così discusso come oggi. – dice Giordana – Penso che il film abbia il pregio di sottrarsi alla trappola dell’opera militante, indagando su un personaggio femminile temerario e su ciò che accade alle altre donne attorno a lei, non solo a quelle che hanno subito molestie. Tutti i personaggi femminili sono raccontati senza giudizio e rappresentati nelle loro fragilità e nei loro problemi quotidiani e familiari“.
“Con la crisi economica, il fenomeno delle molestie sul luogo di lavoro si è accentuato. – afferma la sceneggiatrice Cristiana Mainardi – Ho optato per un racconto che mostrasse come la molestia entri nel quotidiano della vittima, stravolgendolo. Questo argomento è decisamente poco frequentato al cinema e a volte suscita persino indifferenza o fastidio, quando in realtà dovrebbe divenire oggetto di dibattito non solo femminile, ma anche maschile. Incontrare donne che raccontino la loro esperienza non è affatto facile; la storia del film nasce da una mia ricostruzione di fantasia, sulla base, però, di ciò che ho avuto la fortuna di ascoltare. Ho voluto, però, che fosse anche una storia di speranza, grazie a un personaggio coraggioso e positivo come Nina“.
Fiera di aver interpretato il ruolo della risoluta protagonista si dice Cristiana Capotondi, firmataria, peraltro, di Dissenso comune, la lettera che le attrici italiane hanno sottoscritto contro le molestie: “Nina ha solo bisogno di lavorare, per poter essere indipendente e non dover pesare sulle spalle del suo compagno Luca. Ma vuole farlo senza dover per forza giungere a compromessi. Per quanto mi riguarda, non mi sono mai scontrata con una realtà di questo genere, ma mi è capitato di ascoltare dei racconti. La ricerca Istat che afferma che 10 milioni di donne hanno subito molestie sul luogo di lavoro fa molto riflettere. Penso sia importante bonificare i luoghi di lavoro e costruire un percorso culturale attorno a storie come quella di Nina. E poi sono contenta che con questo film si sia anche fatta luce su quali possono essere, alle volte, gli effetti collaterali del potere“.
Nel ruolo dell’avvocato Tina Della Rovere, che difenderà Nina in tribunale, troviamo Michela Cescon: “L’incontro fra queste due donne è molto bello, perché una trova negli occhi dell’altra la forza per vincere. Tina è fondamentale per Nina: è una donna simpatica, diretta, che le dà sostegno nella solitudine. Da questo film, è importante che passi un messaggio fondamentale: che la molestia sul luogo di lavoro non deve essere considerata per alcun motivo una regola del gioco”.
Roberto Puntato