Dal 29 aprile al cinema e dal 30 aprile su Star all’interno di Disney+
Ci aveva già incantanti con The Rider, western moderno ambientato nel mondo del rodeo, la regista e sceneggiatrice cinese Chloé Zhao. E al suo terzo lungometraggio, il bellissimo Nomadland, si aggiudica il Leone d’Oro al 77m0 Festival di Venezia, 2 Golden Globe (film e regia) e 3 Premi Oscar (film, regia, attrice protagonista).
Ispirandosi al libro della giornalista americana Jessica Bruder, Zhao si avventura nell’esistenza vagabonda della protagonista Fern che, dovendo rinunciare a una fissa dimora dopo la Grande Recessione, trova il piacere di un’esistenza al di fuori della società convenzionale.
Un ritorno alla natura e alla primordialità della vita, che per la protagonista diviene un profondissimo iter alla (ri)scoperta di se stessa, grazie anche ad una serie di preziosi incontri umani che segneranno il suo viaggio. Ecco, così, affacciarsi nella pellicola i veri protagonisti del nomadismo di oggi, chiamati a recitare nel ruolo di se stessi e a farsi, con le loro rughe, i loro sguardi e i loro racconti, toccante testimonianza.
Come The Rider, anche Nomadland, con il suo stile naturalistico e il suo sguardo preciso sul West americano di oggi, è un neo-western ben lontano dal mito, che reinterpreta il tema della frontiera come disvelamento del sé attraverso il territorio. Perché il paesaggio, selvaggio e indomito, è il vero protagonista della sinfonia americana di Zhao: un universo accogliente e benevolo, al di fuori delle logiche della società capitalista, che invita al coraggio e alla consapevolezza chi sceglie di viverlo.
Se la situazione socio-economico di riferimento è chiara, ma non entra mai nel quadro narrativo, in primo piano vi è, invece, il calore di una collettività affettuosa, affine e conciliante: il lucido ritratto di chi è rigettato dal sistema, ma sceglie di non fermarsi.
L’ottima confezione, le evocative musiche di Ludovico Einaudi e soprattutto l’intensa interpretazione di Frances McDormand, infine, illuminano quello che può definirsi uno dei migliori ritratti dell’America on the road degli ultimi anni.
Alberto Leali