Tutto inizia nel 1986, l’anno in cui si tenne quell’evento di beneficenza chiamato Hands Across America, in cui sei milioni e mezzo di americani si tennero per mano e fecero donazioni per combattere fame e miseria. In quello stesso anno, in una luna park su una spiaggia di Santa Fe, una bambina si allontana dai suoi genitori e incontra il suo doppio. Da allora, la sua vita non sarà più la stessa. La rincontriamo cresciuta, molti anni dopo, in compagnia della sua famiglia, mentre torna timorosa in quel luogo per le vacanze estive. Qui ritroverà non solo il suo doppio, ma anche quelli di tutti i componenti della sua famiglia.
Dopo Scappa – Get Out, vincitore dell’Oscar per la migliore sceneggiatura, Jordan Peele torna a stupirci con un horror che valica i confini del genere per diventare una potente metafora politica sulle disparità sociali di un’America ipocrita ed egoista.
La chiave di lettura è già nel titolo originale, Us, che oltre al “noi”, fa riferimento proprio agli Stati Uniti. Come il film precedente, Noi indaga il lato oscuro dell’America, ma stavolta il discorso si fa più ampio, mettendo a fuoco il sistema dell’American Way of Life e mostrandone le più brutali contraddizioni.
Non si parla più (solo) di razzismo, ma dell’identità perduta di un popolo, che per anni si è nascosto dietro al perbenismo: Noi racconta la popolazione rimossa, nascosta, dimenticata di un’America che ha fatto di tutto perché si spalancasse le forbice sociale che divide chi sta bene da chi sta male, chi ha molto da chi ha niente.
Un paese simbolo delle disuguaglianze, seppure occultate: i nemici in Noi sono infatti gli americani stessi, vestiti di rosso simili a carcerati, inselvatichiti e armati di forbici dorate. Sono il lato oscuro della terra dei sogni, un sottosuolo sconosciuto e invisibile.
I “normali” vivono, così, una condizione di privilegio che neppure comprendono, intontiti dall’egoismo e da un benessere costruito sulle privazioni degli invisibili; i doppi sono costretti a mimarne goffamente le azioni, senza nemmeno la possibilità di comprendere ciò di cui sono stati privati. Per loro il sogno di un’ascesa sociale non può che restare tale; sono americani ormai assuefatti alla violenza, che odiano e uccidono con pulsioni animalesche ed il sorriso stampato sulle labbra.
Peele è bravissimo nel creare un’atmosfera carica di angoscia e tensione e mantenerla fino alla fine; il suo film dissemina non solo omaggi alla cultura pop e horror degli anni ’80, ma anche dubbi e riflessioni che si fanno via via più spinosi e inquietanti. Non rinuncia nemmeno a un umorismo tra il demenziale e lo straniante che non annacqua mai la suspense, ma rende il contesto e i personaggi ancora più ambigui.
Man mano che scorrono i minuti, la trama di Noi si fa sempre più articolata e complessa, caricandosi di simboli, domande e sottotesti, fino a giungere a una rivelazione finale che in realtà del tutto chiarificatrice non è.
I cinefili vi troveranno riferimenti più o meno palesi a Zombi, Shining, L’invasione degli ultracorpi, Funny Games, ma è un immaginario intero ad essere contenuto nelle due ore di Noi, illuminate da un cast eccezionale, a cominciare dal Premio Oscar Lupita Nyong’o.
Un film spietato e potente, denso e stratificato, intelligente e ambizioso, di cui sentiremo a lungo parlare. Al cinema dal 4 aprile distribuito da Universal Pictures.
Alberto Leali