Il taciturno e spigoloso Salvador è accusato di aver ucciso il fratello Juan quando erano ancora ragazzi. L’uomo vive in Patagonia, in un paesino remoto e isolato; sua sorella Sabrina è ricoverata da anni in una clinica psichiatrica e suo fratello Marcos è tornato con la moglie Laura per convincerlo a vendere il terreno ereditato dopo la morte del padre.
Il freddo isolamento di luoghi e anime è il fulcro di Neve nera, thriller affascinante del regista e sceneggiatore argentino Martin Hodara, che si insinua abilmente nel passato torbido dei personaggi e nelle ambiguità della loro intimità, per far luce su colpe e misteri.
Tra flashback e illuminanti rivelazioni, tra passato e presente bianchi del candore innevato, Hodara scava tra le piaghe di una famiglia sgretolata, in preda a tensioni e drammi mai superati. Ma ci conduce anche nella mente di Laura, l’unica estranea, in un viaggio agghiacciante nel suo lato più oscuro.
Ottima è la costruzione di personaggi sfaccettati, in cui convivono inscindibili bene e male, umanità e brutalità, interpretati da attori all’altezza e perfettamente calati nei ruoli. La regia sfrutta gli interni angusti degli ambienti, in particolare del cottage di montagna in cui Salvador si è rinchiuso per coprire il peso terribile di una bugia e fa del silenzio della natura, dei luoghi e dei personaggi l’elemento chiave dello sviluppo narrativo.
Un thriller ben poco estivo uscito in sordina, che si consiglia vivamente a tutti coloro che amano il cinema d’autore che intriga e destabilizza.
Roberto Puntato