Il debutto alla regia di Christina Choe, acclamato al Sundance, arriva in sala dal 12 dicembre con Mariposa Cinematografica
Nancy (Andrea Riseborough) ha 35 anni e una quotidianità mortifera. Lavora saltuariamente in uno studio dentistico, vive con la madre malata e severa (Ann Dowd) e scrive su un blog per genitori che hanno perso i propri figli. Dopo la morte di sua madre, Nancy s’imbatte per caso in un programma televisivo dedicato a persone scomparse. Assiste così alla testimonianza di due genitori disperati, Ellen e Leo Lynch (J. Smith-Cameron e Steve Buscemi), che hanno perso la loro figlia, presumibilmente rapita, quando aveva appena 5 anni. In tv viene anche mostrata una fotografia con le sembianze che la bambina avrebbe da adulta. Nancy guarda la foto e si riconosce, così prende coraggio e chiama i due genitori, nella speranza di essere la loro figlia.
Il debutto alla regia di Christina Choe, acclamato al Sundance e al Sitges Film Festival, è un film asciutto e dolente: la storia di una donna che si aggrappa alla possibilità di una vita migliore e di una famiglia che non si arrende alla perdita.
Nancy racconta la solitudine, l’infelicità e la speranza attraverso una narrazione magistrale per toni e misura. Sfrutta, inoltre, con grande efficacia un trio di attori e quattro mura domestiche, condensando al massimo la sua atmosfera di incertezza, sospetto ed oppressione.
Ma il film è un thriller solo all’apparenza, perché alla Choe ciò che interessa è analizzare i rapporti tra i personaggi e le emozioni che scaturiscono dal loro incontro. In tal senso, il film racconta con grande realismo ciò che si scatena nell’animo di personaggi segnati dall’angoscia e dal silenzio, ma assetati di affetto, comprensione e fiducia.
Riflette, così, sui concetti di verità e di famiglia, sull’irrazionalità della speranza, sul passato che non si vuole lasciar andare, sulla disperata ricerca del proprio posto nel mondo e sulle opportunità di rinascita che non si ha il coraggio di accogliere.
Straordinaria la prova di un’irriconoscibile Andrea Riseborough, che si cala nei panni della protagonista con una sensibilità e un’intensità che lasciano a bocca aperta; essenziali e precise la scrittura e la regia della Choe che sfruttano gli elementi del genere senza mai realmente aderirvi.
Un gioiello di introspezione e umanità e un ritratto di donna difficile da dimenticare.
Alberto Leali