Applausi ed emozione per la prima del musical prodotto da Enrico Griselli, con la regia di A. J. Weissbard e l’adattamento in italiano di Vincenzo Incenzo. Nel cast anche Ivan Castiglione e Manlio Dovì
Se è vero che tutti noi, in questo particolare momento storico, abbiamo bisogno di una favola, il ritorno di My Fair Lady al Teatro Sistina è l’occasione perfetta per rivivere le emozioni di un classico che non smette di farci sognare.
Sul palco, il talento camaleontico di Serena Autieri, che incanta nel ruolo di Eliza Doolittle, umile fioraia in cerca di riscatto, che finirà, con forza e determinazione, a diventare una signora perbene e a conquistare il cuore del suo Pigmalione, il Professor Higgins.
La Autieri illumina la scena dall’inizio alla fine, sia nei panni della fioraia rozza e sguaiata, sia in quelli dell’elegante signora borghese ammirata dalla società che conta.
Ed è assolutamente credibile in entrambi, sia quando mastica un divertente dialetto “transappenninico”, sottoposto ad estenuanti quanto spassosi tentativi di ripulitura dall’esigente Higgins, sia quando, ad esperimento e a trasformazione conclusi, è pronta a far valere la sua dignità e il suo orgoglio (da qui la più moderna caratterizzazione del personaggio come donna che non ha paura di prendere in mano la sua vita per cambiare un futuro già scritto, mai vittima degli eventi ma artefice del proprio destino).
Le indubbie doti canore, al servizio di una complessa partitura scritta per un’estensione da soprano, la forte presenza scenica e la contagiosa energia rendono l’Autieri una protagonista assolutamente perfetta. A dimostrazione della profonda passione che ha mosso l’artista napoletana in questo progetto tanto rincorso e desiderato e che finalmente ha visto la luce.
Non è da meno il resto del cast, a cominciare dall’inedito Professor Higgins di Ivan Castiglione, un glottologo più giovane e scattante di quelli che abbiamo visto nelle precedenti versioni del musical. Un Higgins più nerd, ma anche più simpatico ed umano del personaggio originario: un misogino sì, ma suo malgrado, chiuso in un mondo popolato dai suoni e incapace di relazionarsi con gli altri, e in particolare con le donne. Castiglione dimostra non solo ottime doti canore ma anche una spiccata abilità nel dipingere un personaggio così iconico con sfumature nuove.
Spavalda è, invece, la caratterizzazione di Mr. Pickering, interpretato da un disinvolto e scatenato Manlio Dovì: un personaggio comico e dalla verve cabarettistica, la cui omosessualità viene esplicitata molto più nettamente che nelle precedenti versioni del musical.
Tra gli altri interpreti in scena, si segnalano un performer versatile e di talento come Gianfranco Phino, a cui è affidato il ruolo non facile di Alfred Doolittle, e il notevole Luca Bacci, dalla bella ed elegante vocalità, nei panni di Freddy Hynsford- Hill.
Interessante, e a suo modo coraggiosa, anche la scelta scenografica: uno spazio povero e con componenti fisse, reso però dinamico dal frequente cambio di ambientazione, attraverso macchinari innovativi e sorprendenti tocchi di modernità.
Se la regia del rinomato regista internazionale A. J. Weissbard avvolge lo spettatore in una dimensione quasi sospesa, altri punti a favore della messinscena sono le belle coreografie, affidate a Gianni Santucci, e i ricchi costumi, anch’essi con piacevoli tocchi di modernità, firmati da Silvia Frattolillo.
Merita sicuro apprezzamento il nuovo adattamento teatrale curato da Vincenzo Incenzo, che si distingue per le doti liriche e drammaturgiche, offrendo una profonda trasposizione linguistica, che magnifica il significato e il suono originali dell’opera. Un adattamento che allo stesso tempo omaggia e arricchisce l’originale, perfino con qualche riuscita modifica nel testo di alcuni brani iconici (non c’è La Rana in Spagna gracida in campagna, ma non se ne sente la mancanza).
Infine, la direzione musicale, affidata all’esperienza del Maestro Enzo Campagnoli, conferisce ulteriore eleganza ad un’opera già di per sé leggiadra e preziosa.
L’eccessiva lunghezza, qualche imprecisione nell’uso delle luci e una seconda parte meno fluida della prima nulla tolgono al valore di un’opera imponente, classica e al contempo modernissima. Il tentativo, non facile ma certamente riuscito, di arricchire uno spettacolo senza tempo, e già a suo modo perfetto, con tocchi innovativi e profondamente legati alla nostra contemporaneità.
Roberto Puntato