Al cinema dal 17 marzo con 01 Distribution
Per motivi misteriosi, la Luna finisce fuori orbita e inizia a precipitare sul nostro pianeta. Brian Harper (Patrick Wilson) è un celebre astronauta che, dopo essere stato licenziato dalla NASA a causa di una missione fallita in circostanze oscure, è caduto in disgrazia e ha trascorso gli ultimi 11 anni a bere e a riparare automobili. L’uomo viene contattato da K. C. Houseman (John Bradley), un complottista che annuncia su Internet che la Luna è uscita dal suo asse e che, per questa ragione, colpirà la Terra, e raggiunto da Jocinda Fowler (Halle Berry), sua ex compagna di team alla NASA. Con loro, darà vita a una disperata missione di salvataggio, che si concluderà con la scoperta di una sconvolgente verità.
Torna Roland Emmerich e il suo cinema catastrofico schematico, ma maestoso ed elettrizzante. Chi ha visto e gradito Independence Day, The Day After Tomorrow e 2012, si sentirà a casa dinanzi a un film come Moonfall, che si rifà a codici narrativi più che collaudati per regalare al suo pubblico un adrenalinico spettacolo bigger than life.
Qualche mese fa, anche Netflix distribuiva il suo disaster movie, il folgorante Don’t Look Up, che col nostro film ha, però, in comune solo la tematica. Perché se il film di Adam Mckay è, in realtà, una feroce satira di una società divenuta indifferente a tutto e ormai incapace di affrontare il reale, il progetto di Emmerich è un film catastrofico tout court, che non aspira a portare sullo schermo una qualche parvenza di verosimiglianza ma, piuttosto, a stupire e intrattenere.
Non aspettatevi quindi dissertazioni e approfondimento psicologico, Moonfall punta tutto sulla spettacolarità, servendosi di un comparto tecnico di tutto rispetto, su cui brillano fotografia ed effetti visivi.
Il vero problema del film è, però, una sceneggiatura confusa, che abbandona ben presto ogni logica, non supportando l’azione filmica e disorientando lo spettatore. Non aiuta, inoltre, l’imponente durata di 130′, che pesa sulla capacità di attenzione di un pubblico già di per sé smarrito dall’insensatezza di molti passaggi.
Un vero peccato, quindi, che un progetto creato per appassionare il pubblico più vasto, finisca per diventare spesso così goffo e ridicolo. Ciò non toglie che i validi attori che compongono il cast ce la mettano tutta e che diverse sequenze riescano a trasmettere il pathos e l’inquietudine necessari.
Il regista tedesco torna, quindi, alle atmosfere che lo hanno reso celebre tra gli anni ’90 e i Duemila, con un altro kolossal iperbolico e godibile, pur se non all’altezza dei cult precedenti.
Ilaria Berlingeri