Al cinema dal 4 aprile con Universal Pictures
Kid, un ragazzo che si guadagna da vivere in un club clandestino dove, notte dopo notte, indossando una maschera da gorilla, viene picchiato a sangue in cambio di denaro, cerca vendetta per la brutale morte della madre e per la distruzione del suo villaggio. Sfida, quindi, i potenti corrotti della megalopoli indiana in cui vive riuscendo a infiltrarsi nel loro mondo.
Monkey Man, esordio alla regia di Dev Patel, è un energico e sorprendente omaggio al genere action, con protagonista un eroe dal passato tragico e mosso dalla sete di giustizia che si immerge in un crudissimo mondo sotterraneo.
Ispirato ad Hanuman, la divinità scimmia adorata in India, esempio di lealtà, forza e saggezza, il misterioso Kid diventerà il leader di una banda di reietti che lo aiuterà nel suo piano di vendetta.
Niente di nuovo sul fronte della trama, ridotta all’osso e dagli schemi chiari e riconoscibili: un pretesto per mettere in scena uno spettacolo iper violento che farà la gioia degli amanti del genere.
Molto più interessante è il versante visivo, grazie ai numerosi combattimenti corpo a corpo, girati in modo coreografico, nervoso e creativo. Ottima anche l’ambientazione sullo sfondo della cultura indiana, decisamente inedita in un film di genere, tra raccapriccianti disparità sociali, connivenze religiose e ingiustizie di ogni tipo. A tal riguardo, il film introduce nel tessuto narrativo anche la subcultura degli hjra (transgender o “terzo sesso”), storicamente relegata ai margini della società e che qui avrà un ruolo fondamentale per la riuscita del piano di vendetta di Kid.
Nonostante a produrre ci sia Jordan Peele, il film sceglie di non percorre la via politica, ma procede spedito sulla strada dell’azione incessante, con tributi ai cult del genere (a cominciare dall’imprescindibile Bruce Lee).
Se evidente è l’ispirazione a John Wick, il film non ha il suo fascino estetizzante, ma sfrutta molto la camera a mano per acquisire uno stile convulso che sopperisca alla scarsità di mezzi e alle tribolate traversie produttive.
Patel, sempre al centro della scena, è bravissimo e ipnotico, ma per la riuscita dell’operazione fondamentali sono anche il montaggio frenetico, il realismo crudo, l’azione stilizzata e la bella colonna sonora di Jed Kurzel. Un debutto cupo, audace, viscerale, senza compromessi.
Ilaria Berlingeri