In anteprima in Concorso alla Festa del Cinema di Roma (dove Alba Rohrwacher ha vinto il Premio Monica Vitti come Miglior Attrice) e in sala dal 20 ottobre distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection
Roberta Torre è certamente una delle voci più visionarie e sperimentali del nostro cinema, una di quelle che non ha paura di affrontare le contraddizioni dell’oggi con vena ironica e grottesca e di contaminare il reale con un coraggioso sguardo “altro”.
Non fa eccezione il suo ultimo film, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma: Mi fanno male i capelli è un originale, impavido e personalissimo omaggio a Monica Vitti, una delle attrici più versatili e talentuose del nostro cinema, scomparsa qualche anno fa dopo una lunga assenza dalle scene a causa di gravi condizioni di salute.
Per il suo omaggio, la Torre sceglie una strada inedita e rischiosa, presentandoci una protagonista (Alba Rohrwacher) che ha lo stesso nome della Vitti e che come lei soffre di una malattia neurologica. La sindrome di Korsakoff, verremo a sapere, che le provoca frequenti amnesie, cambi di personalità e costruzione di falsi ricordi.
Un giorno, s’imbatte per caso in un dvd de La Notte di Antonioni e, dopo averlo visto, si convince di essere lei, quella Monica sullo schermo, iniziando così a replicare le sue battute, il suo abbigliamento, le sue acconciature e rivivendo le scene dei suoi film.
Trova il modo, quindi, di ridare senso alle cose e di ritrovare se stessa, prendendo in prestito i ricordi di un’altra Monica, mentre suo marito Edoardo (un ottimo Filippo Timi) lascia che questo “teatrino immaginario” diventi la loro nuova vita.
La Torre analizza, così, il potere salvifico del cinema, che permette di evadere dal dolore del quotidiano, proiettandoci in altre vite e in altri mondi e in qualche modo reinventandoci.
Mi fanno male i capelli è una riflessione sulla ricerca di un’identità che giorno dopo giorno va sbiadendosi, attraverso non solo la memoria individuale, ma anche quella del cinema stesso.
Rohrwacher non rifà Monica Vitti, ma stabilisce con lei una sorta di continuo dialogo; non la ripropone, ma la rievoca. In tal modo, il film ricalca la possibilità di una potente interazione tra il cinema e i fantasmi del nostro immaginario: perché, in fondo, ciò che fa la Monica della Torre non è troppo lontano da ciò che facciamo noi con i personaggi dei film ogni qualvolta riescono a toccare il nostro vissuto e la nostra memoria.
Un film indubbiamente interessante, che conferma lo sguardo peculiare, pulsante e vivace della sua autrice. Un film non perfetto, anzi spesso ridondante e non del tutto compiuto, eppure autoriflessivo, ondivago e in grado di travalicare i confini.
Ilaria Berlingeri