Vincitore della sezione Orizzonti alla 75ma Mostra del Cinema di Venezia e designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI
Vincitore della sezione Orizzonti alla 75ma Mostra del Cinema di Venezia, Manta Ray del thailandese Phuttiphong Aroonpheng dà voce a tutti i rifugiati del mondo, a tutti gli esseri umani a cui viene negato il diritto di parola e il cui passaggio sulla terra è il più delle volte cancellato senza lasciare traccia.
Popoli perseguitati e costretti ad abbandonare i propri territori in cerca di salvezza e riparo, la cui storia fa tristemente parte della cronaca, ma non viene mai realmente raccontata.
E’ in particolare al popolo Rohingya, perseguitato in Birmania e costretto ad avventurarsi in mare in cerca di salvezza, in un viaggio che termina solitamente con la morte per annegamento, che Aroonpheng dedica il suo bellissimo Manta Ray, che fortunatamente arriva nei cinema italiani dal 10 ottobre con Mariposa Cinematografica.
In una foresta piena di cadaveri nei pressi di un piccolo villaggio, un pescatore trova uno sconosciuto gravemente ferito e decide di accoglierlo in casa sua e di curarlo. L’ospite è però chiuso nel mutismo, così il pescatore decide di dargli un nome ed instaura con lui un rapporto curiosamente intimo. Un giorno, però, il pescatore misteriosamente scompare, e lo sconosciuto gradualmente ne assume l’identità, finendo per svolgere il suo lavoro e condividere il tetto con sua moglie.
Manta Ray è il ritratto di due uomini soli e feriti dalla vita: il profugo che ha perso tutto e che finalmente può coltivare la speranza di costruirsi un futuro, e il giovane pescatore, che, abbandonato dalla moglie, trova nel suo ospite qualcuno di cui prendersi cura. I due costruiscono giorno per giorno un legame di reciproca fiducia, che li porta a colmare i loro vuoti e a supportarsi in un momento così delicato delle loro vite.
Da un certo punto in poi, però, il film cambia rotta e si tinge di atmosfere da noir rarefatto e pirandelliano, sfociando in un finale che svela le sue potenti connotazioni politiche e simboliche.
Raccontato attraverso inquadrature fisse e lunghe e silenziose sequenze pittoriche, Manta Ray è un film che lavora per sottrazione, suggerendo e mai spiegando, e affidandosi più che alla parola, in gran parte assente, ai gesti, ai suoni e alle luci.
Ne deriva un’opera affascinante, sfuggente, non allineata, che immerge lo spettatore nella bellezza dell’universo visivo creato dal regista e al contempo lo scuote con la forza del suo messaggio.
Manta Ray è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI perché “racconta in maniera originale e fortemente visionaria il dramma dei Rohingya” e perché , “avvolto da un alone di diffusa sensualità e mistero, è la storia di una possibilità di convivenza e di rinascita, in grado di scrutare le acque più oscure e accendere neon nella foresta”.
Alberto Leali