Dal 28 ottobre nelle sale italiane distribuito da Warner Bros. Italia
Era da tempo che Pedro Almodóvar non emozionava così. Il suo Madres Paralelas, che ha aperto Venezia 78 e ha portato a casa il premio per la migliore attrice a Penelope Cruz, è un film intenso e bellissimo sulla maternità e sulle cicatrici della storia.
La maternità delle due donne protagoniste, certo, ma anche quella di un Paese, la Spagna, che ha dimenticato i propri figli e deve far pace col proprio passato per poter immaginare un futuro. Madres Paralelas è, infatti, il ritratto di un Paese ferito e mai davvero ricomposto. Un Paese dalla Memoria che brucia, perché ancora fa i conti coi fantasmi del regime franchista, ma alla ricerca incessante di una rinascita.
Al centro della vicenda, due compagne di gravidanza in una clinica di Madrid: la fotografa Janis (la bravissima Cruz) e l’adolescente Ana (la nuova musa Milena Smit) che diventano madri lo stesso giorno. Due madri per caso, che si trovano a crescere da sole le proprie creature: Janis abbandonata dall’amante, Ana dai suoi genitori. La nascita di due bambine crea fra le due donne un legame molto forte; al resto penserà il destino, che complicherà in maniera clamorosa le vite di entrambe in una Spagna che ancora fa i conti con le proprie colpe.
Almodovar ritrova l’energia di un tempo nel filmare la tenerezza e il dolore, le lacrime e i sorrisi, le paure e i conflitti irrisolti, gli allontanamenti e le ricomposizioni. Realizza, così, uno dei suoi film più toccanti e maturi, in cui le donne, madri imperfette, sono la forza di un Paese che ha bisogno di attraversare il dolore per potersi finalmente rialzare.
A rendere inedito il racconto di Madres Paralelas è, infatti, l’intimo rapporto che lega le due protagoniste ad un passato che fa male, ma a cui decidono di non soccombere. Dopo aver sublimato i suoi dolori personali con Dolor y Gloria, Almodóvar cambia prospettiva e si pone dalla parte delle madri che soffrono e nascondono vecchi dolori, ma che portano con sé la prospettiva di qualcosa di nuovo. Come Janis e Ana, attraverso la maternità, diventano consapevoli di quello che sono e non potranno mai essere, così la Spagna deve imparare ad affrontare le pagine più vergognose della propria Storia, a cominciare da quei desaparecidos che ancora oggi attendono la dignità di un nome e di una bara.
Almodóvar si dimostra autore capace di mutare ed evolversi, stupendo il pubblico con un film diverso da tutti i suoi precedenti, ricchissimo di sfumature e chiavi di lettura. Un cinema che non ha paura di mettersi in gioco, di farsi politico e riflettere sulla Storia che, come recita un cartello sul finale, non può certo restare muta.
Giancarlo Giove