Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024, arriva al cinema dal 16 gennaio con Movies Inspired
Con L’uomo nel bosco, Alain Guiraudie (Lo sconosciuto del lago) torna a raccontare le complessità dei rapporti umani in un microcosmo rurale intriso di tensioni, desideri repressi e segreti del passato. Ambientato nel piccolo comune di Saint-Martial, il film intreccia il dramma personale con una sottile critica sociale, mantenendo l’inconfondibile tocco surreale e ambiguo che caratterizza il cinema dell’autore francese.
La storia segue Jérémie, un giovane uomo che fa ritorno a Saint-Martial per il funerale del panettiere, suo ex datore di lavoro e figura paterna. Ospite nella casa della vedova Martine, Jérémie si ritrova a confrontarsi con le dinamiche complesse di un villaggio che sembra non aver mai dimenticato il suo passato. L’affetto soffocante di Martine, la gelosia violenta di Vincent, figlio del defunto e vecchio amico di Jérémie, e le tensioni con Walter, un solitario dal carattere enigmatico, creano un’atmosfera carica di sospetto e tensione. A tutto questo si aggiunge l’attenzione del parroco, che sembra intuire più di quanto lasci trasparire. Nel corso di pochi giorni, segreti a lungo sepolti riemergono, scatenando conseguenze inaspettate per tutti i protagonisti.
L’uomo nel bosco esplora temi universali come la colpa, il perdono e l’irrisolto legame tra passato e presente. Guiraudie immerge lo spettatore in un contesto rurale che, dietro una facciata di quiete, nasconde ferite profonde, pulsioni sessuali e conflitti irrisolti. I personaggi, tutti ugualmente fragili e complessi, si muovono in un ambiente claustrofobico dove il giudizio collettivo, la solitudine e i vincoli familiari pesano come macigni. Il titolo originale, “Miséricorde (Misericordia)” suggerisce, non a caso, una riflessione sulla possibilità – o impossibilità – di redenzione.
La regia di Guiraudie è, come sempre, essenziale e precisa. L’uso di inquadrature statiche e tempi dilatati conferisce al film un ritmo ipnotico che riflette la lenta ma inesorabile esplosione delle tensioni. La fotografia gioca con tonalità morbide e naturali, contrapponendo la bellezza del paesaggio rurale alla complessità emotiva dei personaggi. Il contrasto tra l’apparente semplicità visiva e la densità narrativa crea un’atmosfera inquietante e stratificata.
Il cast, composto in gran parte da volti nuovi o meno noti del cinema d’oltralpe, offre interpretazioni intense e autentiche. Jérémie è interpretato da Félix Kysyl con una sensibilità che rende tangibili le sue insicurezze e il suo tormento interiore. Martine, la vedova interpretata dalla più nota Catherine Frot, è portata in scena con una fragilità che nasconde una forza sotterranea e un desiderio ancora vivido, mentre il Vincent di Jean-Baptiste Durand incarna una gelosia distruttiva che si manifesta in modo tanto violento quanto umano. Se Walter (David Ayala), enigmatico e silenzioso, rappresenta un personaggio dal fascino ambiguo, ancor più lo è il parroco interpretato da Jacques Develay, rivelandosi la figura più originale, controversa e impattante dell’intera pellicola.
L’uomo nel bosco è un film che invita lo spettatore a riflettere, lasciando spazio all’interpretazione e al confronto con i dilemmi morali ed emotivi dei personaggi. Pur muovendosi su un ritmo placido, il film riesce a catturare grazie alla sua intensità emotiva, ai suoi personaggi equivoci e alla costruzione di un’atmosfera sospesa tra realismo e suggestioni quasi metafisiche.
Alain Guiraudie continua a dimostrarsi un autore capace di trasformare storie semplici in opere di grande profondità, interrogando le dinamiche umane con sguardo acuto e spietato. L’uomo nel bosco non è solo un film sul passato che torna, ma anche una meditazione sulla fragilità dei legami e sulla possibilità di accettare sé stessi e gli altri. Un’opera che si insinua lentamente sotto la pelle e lascia un segno indelebile.
Francesca Chiara Sinno