Al cinema dal 3 al 9 marzo come uscita evento distribuito da Nexo Digital
Improvvisatore, affabulatore, trasformista, Gigi Proietti è stato il grande protagonista del teatro, del cinema e della televisione degli ultimi 60 anni.
Attore assoluto e tra i massimi esponenti della storia del teatro italiano, interprete shakespeariano eclettico e one-man-show strabordante, Gigi Proietti ha dimostrato come fosse possibile costruire una carriera scintillante, mescolando alto e basso, colto e popolare, barzellette e regie di opere liriche.
Un maestro amato come pochi, e non solo dal popolo romano, spentosi nel giorno del suo ottantesimo compleanno. Con lui, l’Italia ha perso il suo ultimo, grande mattatore.
La vita artistica di Gigi, dagli esordi ai successi, dalle cadute alle risalite, viene raccontata nel bel documentario diretto e co-prodotto da Edoardo Leo, Luigi Proietti detto Gigi, presentato in anteprima all’ultima Festa del Cinema di Roma e al cinema dal 3 al 9 marzo.
All’inizio, in realtà, il film avrebbe dovuto essere qualcos’altro. Nel 2018, infatti, il progetto di Leo era di realizzare un documentario su A me gli occhi, please, lo spettacolo che nel 1976 ha cambiato il recente panorama teatrale, con Proietti che è stato seguito per due anni nei camerini, durante le prove e gli spettacoli. Poi, dopo la morte dell’artista il 2 novembre 2020, Leo decide di cambiare strada e di omaggiare il maestro anche tramite lo sguardo e il racconto di chi l’ha conosciuto, riscoprendone così la personalità e il talento artistico.
Se il documentario di Edoardo Leo è dichiaratamente insufficiente per mostrare quello che Proietti ci ha lasciato durante la sua lunga carriera, certamente basterà a toccare il cuore del pubblico che l’ha amato e in cui ha lasciato un ricordo indelebile.
Luigi Proietti detto Gigi può essere, in realtà, diviso in tre parti, tra loro piuttosto diverse. Una prima, composta dai materiali d’archivio che ripercorrono le tappe fondamentali del suo percorso artistico; una seconda, composta dalle testimonianze di amici, colleghi e familiari; una terza, più personale, in cui Leo ricorda quando Proietti l’ha diretto nell’adattamento teatrale di Dramma della gelosia, assieme a Pino Quartullo e Sandra Collodel.
Il risultato è un film dalla struttura classica ed essenziale, in cui il regista mantiene un ruolo volutamente dimesso per lasciare a Proietti e alla sua arte quello di protagonisti assoluti. Al contempo, però, Leo non si limita a una semplice ed ovvia celebrazione del maestro, ma imbastisce una riflessione non banale sull’arte e sul rapporto dell’artista con il suo pubblico.
In 110 minuti di racconto c’è tantissimo di Proietti, da indimenticabili cavalli di battaglia a materiali inediti e preziosi, come la sua ultima ed intensa intervista. Impossibile, quindi, non emozionarsi, così come non avere voglia di vederne di più, a dimostrazione di quanto la sua figura sia entrata nelle nostre vite e abbia influenzato il nostro immaginario.
Carla Curatoli