In scena dal 4 al 16 febbraio per la regia di Francesco Bellomo
Liolà, uno dei capolavori di Luigi Pirandello, rivive al Teatro Quirino nella versione diretta da Francesco Bellomo con protagonista Giulio Corso (I Medici 2, Il Paradiso delle Signore) nei panni di un giovane e allegro sciupafemmine innamorato della musica e del canto.
Con lui sul palco, dal 4 al 16 febbraio, Enrico Guarneri (Zio Simone), Roberta Giarrusso (Tuzza), Alessandra Ferrara (Mita), Margherita Patti (Zia Gesa), Alessandra Falci (La Moscardina), Sara Baccarini (Luzza), Giorgia Ferrara (Ciuzza), Federica Breci (Nela) e con Nadia Perciabosco nel ruolo di Zia Ninfa e la partecipazione di Anna Malvica (Zia Croce).
Scene e costumi sono di Carlo De Marino, mentre le musiche sono firmate da Mario D’Alessandro e Roberto Procaccini.
NOTE DI REGIA
Liolà è una commedia d’ambiente siciliano che trae spunto dal quarto capitolo del “Fu Mattia Pascal” e dalla novella “La mosca”. In questa edizione, abbiamo scelto di collocare il periodo storico a cavallo dei primi anni ’40, mentre il contesto scenografico ci riporta al borgo marinaro di Porto Empedocle, con le costruzioni di un bianco accecante che le incastona perfettamente nel paesaggio della scala dei Turchi, adiacente la casa natia di Pirandello.
Questo espediente consente una ricollocazione oltre che di luogo, anche del modo di esprimersi, infatti gli anziani parleranno con cadenze dialettali più accentuate rispetto al linguaggio italianizzato dei giovani. La revisione riguarda anche le caratteristiche dei personaggi: Liolà, un don Giovanni senza morale, che con il suo comportamento, scombussola l’apparentemente morigerata società in cui si muove. Zio Simone Palumbo diventa un commerciante di zolfo che governa le attività economiche del borgo, tentando di camuffare con le ricchezze, la sua impotenza. Accanto a lui, si muove uno spaccato di società dove attraverso intrighi, vendette incrociate, domina la brama di benessere materiale, che pervade gli altri personaggi. In particolare la Zia Croce e sua nipote Tuzza ma dalla quale non è immune la stessa Mita, che ha accettato spronata da sua Zia Gesa, di sposare il ricco Zio Simone per acquisire una solida posizione sociale.
Se è vero che la gioia di vivere e la spensieratezza della commedia prevalgono su qualsiasi tipo di complicazione intellettualistica, qui Liolà, il trasgressore delle regole, è l’unico personaggio positivo, mentre gli altri sono interessati, egoisti e gretti. Ma un senso di giustizia lo induce a infrangere le regole della moralità comune, spontaneamente senza rendersene conto.
Questa commedia fa ridere ma non è gioconda, è allegra con cattiveria a spese di tutti. Nel testo, si sente sempre la presenza di un ingegno creatore, che ha quasi la tristezza dell’opera che immagina e una superiore ironica pietà dei personaggi, che fa ridere.
Come disse Antonio Gramsci: “Liolà è il prodotto migliore dell’energia letteraria di Luigi Pirandello, è una commedia che si riattacca ai drammi satireschi della Grecia antica, Mattia Pascal, il melanconico essere moderno, vi diventa Liolà, l’uomo della vita pagana, pieno di robustezza morale”.