Vincitore del Premio per la migliore sceneggiatura, arriva al cinema dal 22 agosto con BIM Distribuzione
Kore’eda torna a casa, alle sue radici, al suo cinema più rappresentativo. Quello fatto di storie famigliari, di emozioni sottili, di gesti e silenzi più che di parole.
L’innocenza (Monster) ha lo stesso terreno di esplorazione dei capolavori del regista. Ciò che semmai cambia è la struttura narrativa, più complessa e intricata in seguito alla sceneggiatura di Yuji Sakamoto, che disarticola il racconto in tre prospettive differenti, che svelano progressivamente gli sviluppi della storia.
Nella prima parte, una giovane madre vedova deve confrontarsi con i comportamenti sempre più strani del figlio Minato, che frequenta l’ultimo anno di scuola elementare e vive un momento di grave difficoltà. Da alcune confidenze, la donna si convince che il figlio sia stato vittima di abusi psicologici e di punizioni violente da parte di un nuovo professore. Perciò ingaggia una battaglia contro la scuola e contro l’insegnante. Ma, nella seconda parte, la prospettiva del maestro Hori svela quanto queste accuse e sospetti siano infondati. La verità è più complicata, eppure più semplice di come credevamo. E arriverà nell’ultima parte del film, in cui tutto passa attraverso lo sguardo del piccolo Minato.
L’innocenza è fatto di insinuazioni e negazioni, di deviazioni e rallentamenti, di moltiplicazione e reiterazione di punti di vista alla ricerca di una verità che sfugge continuamente. Sicuramente un percorso “rashomoniano” più meccanico rispetto a quello dei lavori migliori del regista, caratterizzati da lievità e spontaneità maggiori.
Eppure, nonostante il suo continuo slittare narrativo, i suoi finti indizi e i molti tasselli da riunire, quando il film si concentra Minato e sul suo rapporto con l’amico Eri, Kore’eda ritrova la sua straordinaria sensibilità, capace di cogliere, con minimi accenni, tutta la complessità dei sentimenti umani. E dimostra, ancora una volta, di sapere raccontare i bambini e gli adolescenti come nessun’altro, con una purezza e una verità struggenti.
Ecco allora che, con i suoi slittamenti morali, il suo mosaico di colpe vere e presunte, di non detti e di idiosincrasie contemporanee, L’innocenza è un film che racconta non solo la famiglia, ma più in generale la società, e soprattutto le difficoltà di tutti coloro che sono alle prese con l’infanzia e l’adolescenza (l’istituzione scolastica, con i suoi rituali vuoti, non ne esce certo benissimo).
Mai invadente o giudicante, ma sempre autentico, sensibile, misurato, Kore’eda ci regala un altro gioiello prezioso, arricchito, peraltro, dalla splendida colonna sonora di Ryuichi Sakamoto, perfettamente coerente con il suo stile di regia.
Ilaria Berlingeri