Fine del primo conflitto mondiale. Il giovane Prescott vive una vita agiata in una villa fuori Parigi. Suo padre è consigliere del presidente americano Wilson e lavora ai negoziati per il trattato di Versailles; la madre vive una vita austera e impone una educazione rigidissima a suo figlio. Ma Prescott inizia a manifestare il suo temperamento combattivo e dispotico, che fa prospettare un futuro dai caratteri spaventosi.
Infanzia e repressione, famiglia e dittatura, amore e indifferenza: sono questi gli elementi portanti di questa sorprendente opera prima dell’attore Brady Corbet, che decide di confrontarsi con uno degli autori cardine del ‘900, Jean-Paul Sartre e il suo L’infanzia di un capo, ultimo dei 5 racconti che compongono il bellissimo ‘Il muro’. Sfruttando un’ambientazione dal fascino oscuro, la campagna francese d’inverno in cui è immersa una gigantesca casa signorile isolata e desolante, Corbet realizza un film storico in costume dallo stile quasi orrorifico, che costruisce gradualmente una tensione pronta al collasso, grazie anche all’incalzante colonna sonora di Scott Walker. Immagini di straordinaria bellezza pittorica grazie alla fotografia in luce naturale di Lol Crawley scandiscono l’inquietante e fascinoso percorso di crescita del piccolo Prescott, destinato a divenire protagonista di uno dei periodi più mostruosi della storia mondiale. Il film è diviso in 5 capitoli che coincidono con gli atti di ribellione di Prescott all’educazione famigliare e con l’emergere di un temperamento che già denota il ruolo destinato a ricoprire in età adulta. Gli attori sono, inoltre, notevoli nel vestire i panni dei loro personaggi: in particolare Bérénice Bejo, che recita in inglese e francese, è una madre fredda, religiosissima e severa, mentre il giovanissimo e sorprendente Tom Sweet è un protagonista minaccioso dalle sembianze alla ‘Shining’. Se può non convincere la tesi che la mancanza di amore e attenzione in tenera età può degenerare nello sviluppo di personalità disturbate e pericolose, il film coinvolge e affascina dall’inizio alla fine grazie al rigore e all’eleganza formali, che si sposano perfettamente con la potenza implacabile delle immagini e con la cupezza sospesa dello stile.
Presentato (nel 2015!) nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia, aggiudicandosi il premio De Laurentiis per la migliore opera prima e quello per la miglior regia, L’infanzia di un capo è un film assolutamente da non perdere.
Roberto Puntato