Al cinema dal 20 febbraio distribuito da Teodora
L’erede di Xavier Legrand è un film che esplora le tematiche della discendenza, del peso del passato e della difficoltà di sfuggire a ciò che ci è stato trasmesso, sia biologicamente che culturalmente. Dopo il successo con il suo film di esordio L’affido, che trattava la violenza domestica e la custodia dei figli, Legrand torna a riflettere sul conflitto intergenerazionale, ma stavolta lo fa attraverso una narrazione che si tinge di noir e thriller psicologico.
Il protagonista, Ellias Barnès (interpretato da Marc-André Grondin), è un giovane stilista di successo, pronto ad assumere il comando di una casa di moda prestigiosa. Tuttavia, la morte di suo padre, con cui aveva interrotto ogni legame, lo costringe a tornare in Canada per occuparsi dei funerali e degli adempimenti legati alla sua eredità. Questo ritorno a un passato che aveva cercato di dimenticare si trasforma in una sfida tanto psicologica quanto fisica, mentre Ellias si ritrova a confrontarsi con una storia familiare segnata da dolore e oscurità.
Il film si distingue per una regia raffinata e intensa, che costruisce una tensione costante attraverso scene dal ritmo misurato, ma ricche di significato. Legrand gioca con l’ambiguità del protagonista, il quale si muove tra il desiderio di liberarsi dal suo passato e la consapevolezza che, pur cambiando vita e identità, non può sfuggire alle sue radici. Il personaggio di Ellias è un uomo diviso, tormentato da un profondo conflitto interiore, che sfocia in un’analisi complessa della virilità e del patriarcato, temi trattati senza facili soluzioni ma con una visione riflessiva e inquietante.
L’approccio del regista è più sottile rispetto a L’affido, rinunciando a una narrazione lineare e preferendo invece costruire una trama che si snoda lentamente, portando lo spettatore a confrontarsi con le sue inquietudini senza dare risposte definitive. La struttura del film, che unisce elementi del genere horror, thriller e noir, è costruita in modo tale da mantenere alta la tensione e, al contempo, stimolare una riflessione profonda sul destino, il libero arbitrio e le cicatrici invisibili lasciate da un padre su un figlio.
Il finale, che lascia spazio a più interpretazioni, non si limita a chiudere il cerchio, ma lascia al pubblico il compito di interrogarsi sui temi sollevati, in particolare su quanto sia possibile liberarsi da un passato che ci definisce. In questo senso, L’erede è un film che non pretende di fornire risposte facili, ma spinge lo spettatore a confrontarsi con la propria visione della famiglia, della violenza e della continuità generazionale.
In conclusione, L’erede è un film potente e tormentato che, pur presentando una trama inquietante, si distingue per la sua profondità emotiva e la sua capacità di esplorare le dinamiche familiari in modo originale e complesso. Legrand dimostra ancora una volta la sua abilità nel trattare temi universali con un linguaggio cinematografico raffinato, ma non per questo meno incisivo.
Maria Grande