Al cinema dal 13 marzo distribuito da Vertice 360
Lee Miller di Ellen Kuras, biopic sulla celebre fotografa e fotoreporter americana, si muove lungo una struttura tradizionale e consolidata, tipica del genere. Il film ripercorre i momenti cruciali della sua vita, concentrandosi soprattutto sul periodo della Seconda Guerra Mondiale, in cui Miller ha immortalato alcuni degli eventi più atroci della storia, come il Blitz a Londra e la liberazione dei campi di concentramento nazisti. La regia si fonda su un uso convenzionale dei flashback, con la cornice di un’intervista che la protagonista rilascia nel 1977, ormai anziana, al giornalista interpretato da Josh O’Connor.
Kate Winslet, nel ruolo della protagonista, offre un’interpretazione straordinaria, animando la figura di Lee Miller con forza e passione. La sua performance è uno dei punti di forza del film, tanto da meritare una candidatura al Golden Globe. Winslet restituisce la complessità del personaggio, alternando le sfumature di una donna dal carattere affilato, anticonformista e, a tratti, inquieta, che combatte contro le limitazioni imposte dalla società maschilista del suo tempo. La sua Miller è una figura di contrasto, capace di passare dalla vita bohémien e libertina degli anni Trenta alla cupezza e alla determinazione delle fotografie scattate nei campi di concentramento.
Il film si distingue anche per il modo in cui esplora il rapporto tra fotografia e cinema. La regista riesce a rendere omaggio al lavoro di Miller, riproducendo con precisione alcuni dei suoi scatti più celebri, come quello che la ritrae nella vasca da bagno di Hitler. Questi momenti sono accompagnati da una riflessione visiva sulla creazione dell’immagine fotografica, con la regia che mutua le inquadrature dei suoi scatti più iconici. La tecnica cinematografica si fonde così con il mondo della fotografia, creando un interessante gioco di specchi tra realtà e rappresentazione.
Tuttavia, il film risulta piuttosto convenzionale nella sua narrazione. La struttura classica del biopic, con l’alternanza tra il racconto di successo e la successiva discesa nell’inferno delle difficoltà personali e psicologiche, appare ripetitiva e a tratti prevedibile. La sceneggiatura, purtroppo, scivola nel didascalico, con un’evidente ripetizione dei temi femministi, senza riuscire a farli emergere con la forza che avrebbero meritato. I dialoghi sulla discriminazione di genere, per quanto importanti, risultano spesso troppo espliciti e non sempre integrati con naturalezza nel contesto narrativo.
Anche la scelta di concentrarsi su un periodo limitato della vita di Miller, trascurando altre fasi della sua carriera, appare riduttiva. Nonostante ciò, il film riesce a trasmettere il trauma che le atrocità della guerra hanno causato a Miller, una sofferenza che rimarrà con lei per il resto della sua vita.
Lee Miller è un film che, purtroppo, non riesce a superare le convenzioni del biopic, rimanendo nel territorio sicuro della narrazione lineare e tradizionale. La regia di Kuras, pur impeccabile nella costruzione delle immagini, non riesce a dare al film la spinta emotiva che ci si aspetterebbe da una storia di tale impatto. Le scelte fotografiche, pur interessanti, si rivelano talvolta un po’ troppo scontate, con una netta divisione tra il mondo colorato e liberale della giovinezza di Miller e la tristezza della guerra, che si riflette nei toni più grigi e cupi della seconda parte.
Nel complesso, Lee Miller è un buon film, ma privo di quella forza dirompente che una figura come la sua meriterebbe. Nonostante l’ottima interpretazione di Winslet, la storia finisce per scivolare nella retorica, e la sua capacità di toccare il pubblico resta limitata. Un’occasione parzialmente mancata per raccontare una donna straordinaria e il suo coraggioso contributo alla storia della fotografia e del giornalismo di guerra.
Ilaria Berlingeri