Orso d’argento a Berlino 2016 per la migliore sceneggiatura, ‘Le donne e il desiderio’ del giovane Tomasz Wasilewski è un film amaro e crudele sulla esasperante solitudine di quattro donne polacche che nascondono dietro la apparente tranquillità borghese una sopita e frustrata voglia di libertà. Agata è una giovane madre bloccata nell’infelicità del suo matrimonio e dolorosamente attratta da un prete. Iza è preside in una scuola ed è l’amante di un medico, padre di una delle sue alunne, che però la abbandona per il bene della sua famiglia. Marzena, sorella di Iza, è un’ex reginetta di bellezza che spera di sfondare nel mondo della moda; nel frattempo però attira le attenzioni della vicina di casa Renata, un’insegnante prossima alla pensione, che si innamora di lei. Quattro storie di donne infelici e insoddisfatte, che cercano l’amore, ma non riescono nemmeno lontanamente a raggiungerlo, rimanendo inesorabilmente ingabbiate in un desiderio che non troverà realizzazione, ma che finirà anzi col provocare un dolore ancora più radicale. Con uno stile freddo e spietato, accentuato dalla splendida fotografia grigiastra di Oleg Mutu, il regista racconta l’illusione di rinascita della Polonia all’inizio degli anni ’90, mettendo in scena, in realtà, l’ipocrisia, le ossessioni e la sofferenza che si celano dietro l’apparente realizzazione dei suoi personaggi. Anime inquiete e tormentate a cui rimangono solo i desideri repressi e la voglia di vivere liberamente una vita che offre solo placida stanchezza. Di certo ‘Le donne e il desiderio’ non è un film per grandi platee, in quanto lo stile distaccato di Wasilewski, fatto di silenzi, dialoghi rarefatti, inquadrature fisse e ritmi dilatati, può essere apprezzato più (o solo) dal pubblico festivaliero che da quello che si reca nelle sale. E se gli argomenti trattati non sono nuovissimi ed esenti da pretenziosità, le attrici sono bravissime e alcune sequenze sono efficacemente scioccanti.
Alberto Leali