Nella selezione ufficiale di Cannes 2020 e presentato in anteprima al festival Il Cinema Ritrovato di Bologna, il film diretto da Jonathan Nossiter arriva al cinema il 15 giugno. Nel cast anche Alba Rohrwacher e Stellan Skarsgaard
Selezionato in concorso al Festival di Cannes 73 e scelto per chiudere il festival Il Cinema Ritrovato, promosso dalla Cineteca di Bologna, Last Words è una produzione Stemal Entertainment con Rai Cinema, una coproduzione italo francese con Paprika Films, Les Films D’Ici e Les Films Du Rat. Il film arriverà nelle nostre sale il 15 giugno distribuito da Cineteca di Bologna.
Girato in gran parte in Italia, tra il Parco Archeologico di Paestum e la Bologna sotterranea, LAST WORDS immagina profeticamente la fine dell’umanità quando nel 2086, all’indomani delle grandi alluvioni, il pianeta che conosciamo non esiste più e l’ultimo uomo sulla terra scopre il cinema, a cui è affidata la memoria dell’umanità.
Il cast è composto da Nick Nolte, Charlotte Rampling, Stellan Skarsgaard, Alba Rohrwacher, Silvia Calderoni e, per la prima volta sullo schermo, Kalipha Touray.
Le dichiarazioni di Jonathan Nossiter
«Nel mondo del 2086, l’Europa è un deserto. Non c’è più natura. Solo lattine di cibo in polvere per gli ultimi sopravvissuti. Non c’è più cultura. Tranne qualche frammento di cinema sotto le macerie di ciò che rimane di Bologna. E i templi antichi ad Atene. Niente più socialità, neppure la memoria di una stretta di mano. Un mondo senza speranza? No! Grazie alle magiche risorse dell’immaginazione umana. Last Words è un film che si confronta con il potere distruttivo delle catastrofi ecologiche senza perdere il coraggio della tenerezza e la gioia dello stare insieme per raccontarci delle storie. Urgenti. Come l’ultimo uomo sulla Terra nel 2086: un giovane africano, l’ultimo africano. Impersonato dal non attore Kalipha Touray, un rifugiato gambiano che a sedici anni ha già assistito alla fine del mondo nella vita reale. Insieme al mitico attore Nick Nolte – che interpreta un regista d’altri tempi –, nel film riscoprirà il cinema. E dunque il senso della vita: il piacere di stare insieme (dopo un lungo periodo di isolamento), l’amore per la cultura (dopo anni di barbarie), per la bellezza (dopo tanto orrore). Soprattutto riscoprono l’importanza di mantenere viva la memoria. Perché, alla fine del mondo, tutto diventa importante».
Recensione a cura di Alberto Leali
È un film necessario Last Words di Jonathan Nossiter, uno di quelli a cui si ripensa una volta usciti dalla sala.
Le ragioni sono molteplici, a cominciare da una tematica apocalittica che ci tocca da vicino e nel profondo, rimandandoci a catastrofi naturali di triste attualità.
La seconda è nella volontà – commovente – di Nossiter di assegnare al cinema il ruolo di ancora di salvezza, ovvero di unica e ultima forma di resistenza per dirci ancora umani in un mondo che di umano non ha quasi più nulla.
È al cinema, infatti, che è affidata la memoria dell’umanità, in un inno intenso ed emozionante all’importanza di salvaguardare ciò che di bello abbiamo creato, nonostante gli imperdonabili errori commessi ai danni della Natura e di noi stessi.
Il cinema inteso, quindi, come mezzo in grado di riesumare i fantasmi e i ricordi del passato, di rapportarsi con la morte e di custodire il presente.
Last Words si confronta, così, con il potere distruttivo delle catastrofi ecologiche, ma si carica altresì di tenerezza quando racconta il piacere di stare insieme dopo l’isolamento, l’amore per la cultura dopo anni di barbarie e per la bellezza dopo tanto orrore.
Un cast di attori variegato e straordinario ci guida in un viaggio alla ricerca dell’unione delle coscienze, della riscoperta del senso di comunità, di una catarsi ancora possibile nonostante l’inevitabile rassegnazione alla fine.
Non tutto convince a livello narrativo, ma è un film da vedere, per la sua indubbia capacità di parlare per immagini, e soprattutto per riflettere, scuoterci, agire.