Al cinema dal 12 maggio distribuito da Warner Bros. Pictures
Operazione Mincemeat era il nome della bizzarra strategia escogitata dall’Intelligence britannica nel 1943 per ingannare la Germania nazista, facendole credere che gli alleati progettassero di invadere la Grecia e la Sardegna, anziché il loro vero obiettivo, la Sicilia.
Così, il cadavere di un vagabondo fu fatto giungere alla deriva sulla costa spagnola presso Huelva, di modo che sembrasse vittima di un incidente aereo e con indosso la divisa da maggiore dei Royal Marines appartenente al Combined Operation Command alleato e alcuni documenti riservati (e ovviamente falsi). La speranza, ovviamente, era che i servizi segreti nazisti, una volta acquisito il possesso di quegli “incontrovertibili” documenti dagli spagnoli, venissero depistati.
La vicenda, straordinariamente vera, de L’arma dell’inganno è quella di un piano folle e ingegnoso con cui si sperava di cambiare il corso della guerra: sfidando la logica, mettendo a rischio innumerevoli migliaia di vite e mettendo alla prova i nervi dei suoi creatori fino al punto di rottura.
La sceneggiatrice Michelle Ashford adatta il bestseller non-fiction di Ben Macintyre, mentre a dirigere c’è il veterano John Madden che sfrutta a dovere un cast di attori di razza, a cominciare da Colin Firth e Matthew Macfadyen, nei panni dei due ufficiali dell’Intelligence Ewen Montagu e Charles Cholmondeley.
Accanto a loro c’è il bravissimo Johnny Flynn, che interpreta la scintilla più brillante dell’Intelligence navale, il tenente Ian Fleming (il futuro creatore di James Bond e colui che forse ebbe l’idea per primo), regalandoci una performance divertente ed ironica.
Ma è in generale l’intera pellicola a risultare vivace, appassionante e divertente, grazie a un abile e genuino gusto per l’intrigo e a un cast che fa letteralmente faville.
D’altronde, è davvero difficile perdere interesse durante la visione di questo dramma di guerra avvincente e più strano della finzione, supportato da una sceneggiatura abile nel dosare l’aspetto spionistico e quello sentimentale.
Un’esperienza certamente gratificante anche per coloro che tradizionalmente evitano i drammi in tempo di guerra.
Ilaria Berlingeri