Presentato in anteprima dalla regista Danielle Arbid al Rendez-Vous 2021, uscirà in sala con Kitchen Film il 17 giugno
Tra Ultimo Tango a Parigi e Adèle H, L’amante russo della regista franco-libanese Danielle Arbid è un intenso ritratto di donna sull’orlo della follia a causa di una passione totalizzante.
Riuscito adattamento di un romanzo di Annie Ernaux, il film inizia con la protagonista Hélène (Laetitia Dosch), divorziata e docente universitaria, che ripercorre all’indietro la sua rovente relazione con il suo amante russo Alexandre (Sergei Polunin), un uomo sposato e sfuggente che lavora all’ambasciata a Parigi.
La Arbid è bravissima nel mettere a nudo l’interiorità della sua protagonista, interpretata da una Laetitia Dosch impressionante nel calarsi nelle diverse fasi del crollo psicologico e del disagio emotivo, confermandosi una delle attrici più talentuose della sua generazione.
L’amante russo descrive con grande accuratezza e senza edulcorazioni l’evoluzione di una passione inizialmente semplice, come recita il titolo originale, ma che si fa sempre più tossica e cieca, caricandosi di ansie, aspettative e smarrimento.
Lo spettatore è totalmente coinvolto nell’universo della protagonista, che passa dall’eccitante entusiasmo del desiderio alla sottomissione assoluta e volontaria, che la porterà finanche a trascurare i suoi doveri di madre e professionista.
Con quello stile naturalistico tipico di molto cinema francese d’autore, il film non teme di mostrare gli stati febbrili di un corpo e una mente trascinati nel vortice dell’ossessione, spingendosi verso azioni che fino ad allora non si sarebbero nemmeno immaginate possibili.
Non c’è alcuna ironia o derisione, né il tentativo di spiegare la follia della passione o di prenderne le distanze: L’amante russo espone e disseziona una dipendenza che parte dal corpo, ma che si insinua dentro in modo sempre più profondo, fino ad offuscare la ragione.
Così come nel libro d’origine, il presente si incontra solo alla fine del film, per sancire la rottura con un passato che aveva continuato a vivere nel tempo e che, in un modo o nell’altro, ha segnato per sempre.
Roberto Puntato