Aggraziato, divertente, emozionante, malinconico: Lady Bird è il primo film da regista di Greta Gerwig, figura di spicco del cinema indie americano, ammirata, in veste di attrice e sceneggiatrice, in autentiche delizie come Frances Ha e Mistress America.
Ambientato a Sacramento, periferica città della California dove l’autrice è nata e cresciuta prima di trasferirsi a New York, Lady Bird è un coming of age sincero e incredibilmente empatico.
La protagonista è Christine, un’adolescente che odia la sua città e mitizza la East Coast, che vive un conflitto con i suoi genitori, specie con la madre, perché vorrebbe essere più indipendente, e che affronta tutte le classiche difficoltà della crescita (insicurezza, bisogno di sentirsi accettata, amicizie sbagliate, delusioni, prime cotte, esperienze sessuali…).
Nulla di nuovo parrebbe, se non fosse che il vero punto di forza di Lady Bird è la sorprendente sceneggiatura, che lo trasforma dal più classico dei teen movie in un racconto brillante, intelligente e profondo. Un racconto universale, certo, ma che non risulta mai banale, perché Greta Gerwig riempie ogni situazione e personaggio di verità, amore e poesia.
Saoirse Ronan è bravissima nel ruolo della ragazzina “tosta” ma incerta sui contorni da dare al suo futuro; che vuole ribellarsi a una famiglia che si fa in quattro per darle quello che ritiene più giusto, ma che lei non ritiene all’altezza delle sue aspirazioni. Al punto da scegliere e imporre agli altri un nickname, “Lady Bird”, che è un chiaro segno di volontà di indipendenza e rottura. L’attrice copre con naturalezza tutta la gamma di sentimenti ed emozioni di un periodo di passaggio complesso e contradditorio come quello adolescenziale, assecondando magnificamente la qualità della scrittura della Gerwig.
Ma è in generale la connotazione di tutti i personaggi a colpire per ricchezza, varietà, realismo, sfuggendo ogni facile stereotipo. Basti ammirare l’ottima Laurie Metcalf nel ruolo della madre rigida e pragmatica, che si scontra con l’impulsività di una figlia che vorrebbe spingersi oltre senza sapere bene dove andare. Una madre che deve accettare, con dolore e fatica, l’inevitabile distacco dal cucciolo, pronto a lasciare il nido e a spiccare, pur se incerto, il proprio volo.
Credibili e divertenti sono, a tal proposito, i ripetuti scontri tra madre e figlia, le scene isteriche e gli addii, i dialoghi schietti e mai scontati, che conducono al commovente finale, che segna il primo passo di Christine verso la maturità.
Come Noah Baumbach con la sua Frances Ha, anche Greta Gerwig segue con affetto la sua protagonista che si appresta a trovare il suo posto nel mondo: lo fa non spingendo mai il pedale sul sentimentalismo, ma mantenendo sempre un ironico ed efficacissimo tono leggero. 5 nomination agli Oscar e 2 Golden Globe per la miglior commedia e la Ronan.
Roberto Puntato