5 nomination agli Oscar®, tra cui miglior film, miglior regia e miglior film internazionale, arriva al cinema dal 22 febbraio 2024
La Zona d’interesse (The Zone of Interest) di Jonathan Glazer, già vincitore del Gran Premio Speciale della Giuria alla 76ma edizione del Festival di Cannes e candidato a ben 5 Premi Oscar®, arriverà nelle sale italiane il 22 febbraio 2024 distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection.
Prodotto da A24 e Extreme Emotions, La Zona d’interesse rappresenta l’opera chiamata a raccogliere in questo decennio il testimone dei grandi capolavori del cinema che hanno raccontato la più grande tragedia del Novecento, da Schindler’s List a Il Pianista, da Train de Vie a La Vita è bella. Una prospettiva inedita e uno sguardo nuovo, con stile altissimo, su una delle pagine più buie della storia.
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, La Zona d’interesse è la storia di una famiglia tedesca apparentemente normale che vive – in una bucolica casetta con piscina – una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro d’ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale serenità è situata proprio al confine con il campo di concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così lontano.
Nel cast Sandra Hüller, Christian Friedel, Ralph Herforth, Max Beck, Sascha Maaz, Marie Rosa Tietjen, Stephanie Petrowitz, Lilli Falk, Freya Kreutzkam, Ralf Zillmann, Imogen Kogge, Nele Ahrensmeier, Johann Karthaus, Daniel Holzberg.
Recensione a cura di Ilaria Berlingeri
Stupisce ancora Jonathan Glazer con un nuovo tassello di una filmografia assolutamente atipica e originale.
La zona di interesse è un serafico e agghiacciante dramma sull’Olocausto, che racconta l’esistenza bucolica di un ufficiale delle SS, di sua moglie e dei loro cinque figli, a poca distanza da quel luogo in cui vengono commesse atrocità indicibili.
Un piccolo angolo di normalità a due passi dall’orrore. Un orrore ignorato quasi fosse invisibile o, peggio ancora, legittimo. Una condizione di meccanica routine, assimilabile al lavoro di una qualsiasi fabbrica.
L’essenza stessa, insomma, di ciò che la Arendt chiamava “banalità del male” e perfettamente catturata dalle interpretazioni realistiche di un cast infallibile.
Höß gestisce tutto come un qualsiasi lavoro d’ufficio e allo stesso tempo vive la sua comoda quotidianità fatta di giornate al fiume con la famiglia, festeggiamenti per occasioni speciali e favole della buonanotte lette ai figli.
Il fumo che si sprigiona dai forni crematori del campo, le grida dei prigionieri e degli ufficiali, i latrati dei cani da guardia sembrano non essere nemmeno percepiti. L’orrore è come il rumore di sottofondo di un televisore lasciato acceso in un’altra stanza.
La zona di interesse, inoltre, si svolge prevalentemente attraverso inquadrature fisse, in campo largo e con la luce naturale: uno stile distaccato, che rende la materia rappresentata ancora più terrificante. A ciò contribuisce anche la colonna sonora, dissonante e inquietante, di Mica Levi, che fonde suoni ambientali e musica torbida.
Ma oltre all’impermeabilità di Höß e della sua famiglia alle atrocità che si svolgono a pochi passi da loro, a rendere l’incubo ancora più straziante è la scelta di Glazer di non mostrare ciò che accade al di là del muro, lasciando l’orrore fuori campo e infondendo per questo ancor più paura.
Il copione si muove abilmente tra momenti dell’ordinaria vita domestica della famiglia Höss, scorci di burocrazia applicata allo sterminio genocida che fanno gelare il sangue e la verità del campo di sterminio che solo di rado si fa largo nella percezione dei personaggi.
La zona di interesse lavora sui contrasti, su immagini idilliache “disturbate” solo dal fumo delle ciminiere del campo o dallo sbuffo dei treni che portavano gli ebrei verso un luogo senza ritorno. Lavora egregiamente sul sonoro, facendo udire allo spettatore il rumore angosciante delle atrocità, che non sembra, però, turbare minimamente i personaggi in scena, assuefatti a un male che non li smuove e che anzi sentono il diritto perpetrare.
Un’opera potente, in grado di mettere alla prova dal punto di vista morale e sensoriale. Uno dei film più originali e inquietanti sul tema dell’Olocausto e che colpisce per la messa in scena geometrica, glaciale, sagace e calibratissima.