In lizza per il miglior film internazionale, arriverà nelle sale italiane dal 29 febbraio con Lucky Red
Dei furti in una scuola elementare portano a una serie di indagini che complicano la vita di una promettente insegnante al primo incarico.
Grazie a un efficace meccanismo narrativo a effetto valanga, il film di İlker Çatak riesce a tenere incollati allo schermo alla stregua di un thriller ad alta tensione. Il merito è di una sceneggiatura accuratissima, ma anche di una regia di tipo documentaristico che utilizza camera a mano, movimenti veloci e primi piani soffocanti per catapultarci in un incubo senza via d’uscita.
Inquietante è il disegno di un microcosmo scolastico brutale ed ipocrita, che sottolinea le fragilità di un sistema educativo tutt’altro che sviluppato e democratico.
Quella a cui assistiamo ne La Sala professori è una guerra aperta in cui le strategie più sporche e ingannevoli sono all’ordine del giorno. Ne deriva una terrificante radiografia collettiva, in cui il diritto alla privacy, la responsabilità accademica e la stigmatizzazione sociale vengono passati al microscopio, con una sapiente critica all’idiosincrasia e alle politiche di tolleranza zero.
Non ci sono eroi o cattivi in questo film, solo gruppi di persone che adottano atteggiamenti discutibili ma, allo stesso tempo, comprensibili per la loro specifica situazione nell’ecosistema scolastico.
Çatak chiude la vicenda all’interno dell’edificio scolastico, presentando un’escalation di controversie che vede la protagonista Carla (la vibrante Leonie Benesch) subire sempre più la pressione irriverente dei ragazzi e l’intransigenza dogmatica dei colleghi a causa del suo impulsivo desiderio di verità.
Man mano che la visione procede, le maschere calano lasciando spazio alla mancanza di umanità, all’egoismo e alla scarsa capacità di educare del corpo docente. I genitori, dal canto loro, fanno di tutto per ripulire l’immagine dei figli, anche a costo di negare le loro colpe; i più giovani, invece, non fanno che replicare il comportamento degli adulti con inquietante cattiveria.
La scelta di un intrigante “finale doppio” chiude un film emozionante e impattante, che ricorderemo a lungo.
Carla Curatoli