Con La mia vita con John F. Donovan, l’enfant prodige del cinema canadese fa il grande salto e affronta la prima sceneggiatura in inglese con un cast all stars e una vicenda che coniuga i temi da sempre cari della sua filmografia.
Un’opera dalla produzione notoriamente lunga e faticosa, che vede finalmente la luce in Italia grazie a Lucky Red, che la distribuirà nelle sale a partire dal 27 giugno.
Rupert Turner (Jacob Tremblay) è un giovanissimo aspirante attore che vive in Inghilterra con la madre single ed attrice inappagata (Natalie Portman). Rupert subisce costantemente il bullismo scolastico e il rapporto con sua madre, nonostante un amore sconfinato, è spesso conflittuale a causa di problemi di comunicazione. Ad insaputa di lei, infatti, il piccolo intraprende una corrispondenza epistolare con un divo del piccolo schermo, John F. Donovan (Kit Harington), omosessuale represso e schiacciato dall’industria cinematografica. I due si scrivono lettere per 5 anni, fino a quando la notizia non diventa pubblica e travolge la vita di entrambi.
Xavier Dolan costruisce la vicenda, nata da un episodio quasi autobiografico, instaurando un costante parallelismo tra le vite di Rupert e John, così lontani eppure così simili.
Entrambi, infatti, vivono l’inquietudine e l’infelicità a causa dell’impossibilità di esprimere realmente se stessi: John è costretto a vivere una vita non sua travolto dalla tossicità della fama, Rupert a barcamenarsi tra un ambiente scolastico ostile, una madre disillusa e il sogno di diventare attore.
L’omosessualità faticosamente accettata, i drammi dell’infanzia, la complicata relazione madre/figlio, qui addirittura duplicata nei rapporti Tremblay/Portman – Harington/Sarandon, sono temi che Dolan ha sempre trattato nei suoi film e che qui ritornano con la consueta partecipazione.
Il regista canadese affronta impietosamente i diavoli interiori di chi fatica ad accettare il proprio io, intrecciando passato e presente, rapporti famigliari e sentimentali, ma anche lanciando strali a uno show business che tutto divora ed etichetta.
La sceneggiatura, scritta a quattro mani con Jacob Tierney, pecca a volte di ingenuità e retorica, ma ha comunque la capacità di renderci partecipi del dramma dei protagonisti, regalandoci un paio di scene degne del miglior Dolan.
La mia vita con John F. Donovan è, in sintesi, un progetto “maledetto” non annoverabile fra i lavori migliori del regista, ma ha cuore ed è certamente coerente con il percorso artistico di Dolan. Uno di quegli autori che non ha paura di mettere a nudo la propria interiorità sullo schermo, difendendo sempre il coraggio di essere se stessi.
Alberto Leali