Al Teatro Brancaccino dal 2 al 12 maggio andrà in scena lo spettacolo La Gabbia diretto da Massimiliano Vado e prodotto da Inthelfilm, con Massimiliano Frateschi e Federico Tolardo
“Max, il dolore serve?
Sì Pier, almeno quanto la felicità”
La Gabbia è un testo a due di teatro contemporaneo. Parla di quelle condizioni mentali che si presentano nel nostro inconscio quando proviamo a nascondere quello che siamo.
Un sonnambulo, lucido di giorno ma non di notte, ha ucciso la moglie nel sonno, e uno psicotico che soffre di allucinazioni e cambia versione propria vita privata, confonde una realtà per un’altra.
Un viaggio all’interno di una gabbia non solo fisica ma mentale, dalla quale sembra impossibile scappare, con dialoghi apparentemente insensati e quieti ma che vibrano di paure e trovano sempre un giro di volta nel senso
di questi due personaggi. Loro sognano un futuro migliore. Noi con loro.
Ambientato in una cella d’isolamento, per raccontare che spesso nei nostri difetti e nelle nostre paure restiamo fermi, questo testo parla di un futuro o un presente dove il mondo è distrutto da una catastrofe e dove, forse, la gente è quasi contenta di questo perché può ricominciare da zero.
L’autore
Massimiliano Frateschi, attore e autore in questo testo, nasce a bari nel 1987 e si trasferisce a Roma compiuti i 18 anni. Diplomato all’accademia NUCT, in Cinecittà, inizia il suo percorso a teatro lavorando come attore con Valerio Binasco, Daniele Salvo ed Emanuela Giordano. Nel cinema lavora in film come “Sulla mia pelle”, “Duisburg”, “To Rome with love”, “Le sedie di Dio” e lavorando anche con Danny Boyle, per la serie “Trust” prodotta Fox. Al suo esordio come autore di teatro.
Note di regia
Misurarsi con l’impercettibile, sfidando la comprensione di diversi piani di lettura che si intrecciano con una realtà in cui si sfogano eventi apocalittici. Colpe personali che si pagano con vie Crucis verbali, conversazioni semplici che nascondono strati di abulia ed insoddisfazione, eccessi di rabbia che nascondono verità molteplici. Fare i conti, oltre che con il tempo che passa, anche con le colpe della propria coscienza.