Tunisi. La vitale ventunenne Miriam, proveniente dalla provincia, ha organizzato un party per studenti universitari. Qui incontra il bel Yussef, con il quale nasce subito un’attrazione. Diretti alla spiaggia poco distante per fare una passeggiata e appartarsi, i due vengono fermati da tre poliziotti, che picchiano Yussef e violentano la ragazza. Terrorizzata e in fuga, Miriam viene accompagnata da Yussef in ospedale e poi in questura, ma nessuno sembra disposto a mettersi dalla sua parte.
In nove capitoli che corrispondono ad altrettanti piani sequenza, La bella e le bestie della regista tunisina Kaouther Ben Hania racconta l’odissea/via crucis di una ragazza stuprata e in cerca di giustizia nella Tunisia liberaldemocratica della post-rivoluzione.
Si tratta di potentissimo cinema di denuncia, che traendo spunto da una storia vera, ne racconta in realtà tante altre simili, riflettendo sulla violenza (sulla donna, ma non solo) e sull’abuso di potere.
Sviluppato nell’arco di una notte degli orrori, La bella e le bestie mette in scena l’incubo vissuto da Miriam fra ospedali e questure, sfruttando efficacemente la claustrofobia e lo squallore di ambienti da cui sembra impossibile fuggire.
In un viaggio seminato di trappole, offese e ottusa burocrazia, nessuno sembra interessato a far valere la giustizia, obbedendo solo a una mentalità retrograda per cui la vittima di uno stupro in realtà se l’è cercata e farebbe meglio a tornarsene a casa e a dimenticare l’accaduto.
La violenza subita da Miriam non viene mai mostrata, se non dalle fugaci immagini di un telefono cellulare che ha ripreso l’atto bestiale; a venire alla luce, però, sono soprattutto le crepe di un sistema corrotto e deviato in cui la verità, specie se scomoda, deve rimanere sepolta, anche a costo di trasformare l’accusatore in accusato.
Con la macchina da presa che segue instancabilmente l’impaurita ma fiera protagonista, eroina munita di bianco “mantello” e non disposta a cedere ad alcun vergognoso compromesso, la regista colpisce duro, facendoci vivere sulla pelle e nel cuore la sua dolorosa discesa agli inferi.
Perché la storia di Miriam è in realtà quella di tante donne che denunciano e che anziché trovare sostegno vengono biasimate e insultate: una storia che, come sappiamo, non appartiene solo alla Tunisia fondamentalista e repressiva.
Bravissima inoltre la giovane protagonista Mariam Al Ferjani, capace di far trasparire anche solo con uno sguardo ogni più piccolo mutamento emotivo del suo complesso personaggio. La belle e le bestie, presentato nella sezione Un certain regard di Cannes 2017, è l’ennesima perla cinematografica distribuita da Kitchen Film: superfluo ribadire, dunque, che è assolutamente da non perdere.
Alberto Leali