Un evento epocale, 90 milioni di telespettatori per assistere alla sfida fra un 50enne ex campione di tennis, autodefinitosi ‘porco maschilista’, e una 29enne campionessa in attività, in lotta con la federazione tennistica americana che non vuole riconoscere a lei e alle sue colleghe un compenso pari a quello maschile. Parliamo di Bobby Riggs e di Billie Jean King, che diedero vita, il 20 settembre 1973, a uno show mediatico rivoluzionario in ambito politico, sociale e culturale.
Jonathan Dayton e Valerie Faris, registi del cult Little Miss Sunshine, vanno ben oltre il semplice biopic, realizzando con La battaglia dei sessi un film importante e stratificato, contaminato e pieno di brio. Biopic sportivo, certo, ma anche commedia, film politico, drammatico, sentimentale.
I registi, che abbiamo incontrato a Roma in occasione della presentazione del film, ricostruiscono con efficacia e accuratezza l’epoca storica in cui la vicenda ha luogo (bella la fotografia color pastello molto anni ’70), raccontando una storia di coraggio e vittoria, di scontri ed evoluzioni. Una pagina fondamentale nell’evoluzione dei diritti della donne, ma anche, di lì a seguire, di quelli della comunità LGBT, di cui Billie Jean diverrà a suo modo una paladina.
“Abbiamo girato con la pellicola 35 mm, perché volevamo che La battaglia dei sessi sembrasse realmente un film degli anni ’70 – afferma Valerie Faris – Anche se noi in generale amiamo girare con quel tipo di pellicola, per la sua straordinaria varietà cromatica. Ne La battaglia dei sessi, in realtà, abbiamo anche usato obiettivi e zoom degli anni ’70“.
Emma Stone, dopo il trionfo di La la land, conferma le sue straordinarie doti artistiche nel ruolo di una femminista incrollabile, sportiva indefessa e omosessuale non dichiarata, alle prese con i primi turbamenti amorosi. Il pubblico è tutto dalla sua parte nell’emozionante sfida finale contro il clownesco, volgare e arrogante Riggs, interpretato da un altrettanto bravissimo Steve Carrell.
“Steve ed Emma sono stati da subito le nostre scelte – afferma Jonathan Dayton – Per fortuna hanno immediatamente accettato i ruoli. Si sono inoltre allenati molto per le scene di tennis, anche se ovviamente abbiamo dovuto ricorrere a delle controfigure per mettere in scena uno stile di gioco molto diverso da quello di oggi. Ma nel film abbiamo voluto sottolineare anche l’inconsueto rapporto che in realtà c’era fra questi due personaggi così diversi, che comunque nutrivano una reciproca simpatia“.
La battaglia dei sessi contrappone l’incredibile forza di una donna che lotta per i propri diritti e per quelli del genere a cui appartiene, alla becera ignoranza di un buffo scommettitore seriale, che infanga l’altro sesso, pur facendosi mantenere dalla moglie ricca e ormai stanca.
“Bobby prende spunto da Muhammad Ali e dal suo modo di parlare alla gente dei suoi incontri – afferma Dayton – E’ stato un maestro nello sfruttare la rabbia che molti uomini nutrivano verso il movimento femminista. Ma in fondo a lui Billie Jean piaceva. Non a caso, dopo il fatidico scontro, i due sono diventati amici“.
La sceneggiatura è abile nel tenere in equilibrio i toni e le varie componenti tematiche, non eccedendo nel didascalismo e tenendo desta l’attenzione per tutte le due ore di durata.
“Volevamo che il film fosse una storia complessa e sfaccettata – dice la Faris – Che raccontasse la storia personale di Billie Jean, con i suoi travagli interiori, e quella pubblica, con la sua capacità di rimanere concentrata, nonostante tutto, sulla lotta per le donne. Ci è piaciuto fondere tutti questi aspetti senza che nessuno di essi prendesse il sopravvento. Abbiamo voluto coinvolgere un pubblico ampio, quindi abbiamo realizzato una storia di intrattenimento, ma che facesse anche comprendere profondamente le tematiche trattate“.
La battaglia dei sessi, infatti, diverte e fa riflettere, emoziona e infiamma, toccando con forza e sincerità temi universali che, a distanza di quarant’anni, rimangono ancora tristemente attuali.
“La parità fra uomo e donna ancora oggi non c’è – afferma Dayton – Sono avvenuti sicuramente dei progressi, ma la strada da fare è ancora tanta. E anche per quanto riguarda la volontà di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale, molte sono le figure pubbliche che ancora hanno difficoltà a vivere apertamente la propria sessualità“.
Alberto Leali